Vecchi compagni di nevrosi: «MA CHE COLPA ABBIAMO NOI»

di Francesco MininniQuando tenta qualche esperimento dal sapore vagamente esistenziale cercando di dare una veste nuova alle proprie nevrosi, Carlo Verdone è il dottor Jekyll. Quando invece non può fare a meno di nascondersi in tanti personaggi, anche se interpretati da attori diversi, suonando sempre la stessa canzone con qualche accordo ritoccato, diventa Mr. Hyde. In «Ma che colpa abbiamo noi» (che era il titolo di una canzone dei Rokes), Carlo Verdone è Mr. Hyde. Soprattutto perché, tenendosi relativamente in disparte e lasciando spazio agli altri attori, risulta ugualmente ingombrante: come se, tornando alla coralità di «Compagni di scuola» dopo quindici anni di assolo, non riuscisse a liberarsi di un preoccupante presenzialismo scomponendolo in più personaggi.

La storia degli otto partecipanti a una terapia di gruppo che, dopo la morte dell’analista, prima tentano di trovare un sostituto, poi decidono di fare da soli autogestendo una situazione impossibile, ha tutte le caratteristiche del già visto. Ci sono una bulimica, un uomo in crisi coniugale, un gay triste, una sognatrice costretta a confrontarsi con la realtà, una donna che non accetta l’invecchiamento, un cattolico frustrato e un figlio unico tiranneggiato dal padre che lo considera un inetto. Saltando dall’uno all’altro senza tentare approfondimenti, Verdone ottiene un primo risultato negativo: ci mostra, delle nevrosi di questi personaggi, tutto quello che già sapevamo, trasmettendo una precisa sensazione di prevedibilità che allunga i ritmi del racconto.

Ne risentono soprattutto Lucia Sardo (Gabriella, che non vuole invecchiare) e Max Amato (Luca, il gay): la prima per un’impostazione da archeologia della commedia, il secondo per una caratterizzazione evanescente. Per sé Verdone riserva il ruolo di Gegè, separato dalla moglie e vessato da un padre autoritario. Se da una parte sa trovare accenti di autentica umanità (il rapporto col figlio che vive con la madre), dall’altra non rinuncia all’archivio della commedia all’italiana: la ribellione finale all’anziano genitore è strutturata in modo da ricordare il celebre schiaffo di Alberto Sordi a Claudio Gora alla fine di «Una vita difficile». Neppure i bravi Antonio Catania (l’insonne Ernesto) e Anita Caprioli (la bulimica Chiara) riescono a liberarsi di percorsi troppo prevedibili.

Soltanto Margherita Buy (Flavia), dopo averci assillati con il sogno di unirsi a un uomo che non lascerà mai la moglie, con un’imprevista maternità colora «Ma che colpa abbiamo noi» di un vago senso di speranza aprendo una piccola finestra sul domani. La stessa cosa dovrebbe fare Carlo Verdone: un film anomalo, imprevedibile, magari soltanto da regista. Perché i suoi personaggi, che in un quarto di secolo almeno una volta hanno messo in scena qualcosa di ciascuno di noi, mostrano l’assoluta necessità di un lungo periodo di riposo.

MA CHE COLPA ABBIAMO NOI di Carlo Verdone. Con Carlo Verdone, Margherita Buy, Antonio Catania, Anita Caprioli. ITALIA 2003; Commedia; Colore