Una questione privata
Una questione privata di Beppe Fenoglio fu pubblicato postumo (e secondo qualcuno incompiuto) nel 1963. Paolo e Vittorio Taviani ne danno la loro interpretazione tornando a raccontare la guerra e la resistenza trentacinque anni dopo La notte di San Lorenzo. Per quanto si fossero ripromessi di non trattare più questi argomenti, hanno percepito intorno a sé segnali di reviviscenza di ideologie malate che li hanno in qualche modo obbligati a farlo per ribadire le loro convinzioni e il loro senso della storia. Ma siccome nei Taviani il senso della storia procede di pari passo con le vicende degli esseri umani che la popolano, Una questione privata non è esattamente né un film sulla guerra né un film sulla resistenza. È piuttosto la storia di un amore, di una crescita, di un sentimento profondamente intimo e di tutti gli eventi che (quasi sempre fuori campo) ne forzarono la direzione. Il titolo stesso, Una questione privata, dovrebbe far capire che gli autori parlano di un periodo storico ben preciso che ebbe una precisa influenza sulle vite di tre giovani nelle Langhe nel 1943.
Milton ama Fulvia, una torinese sfollata, e ne divide la compagnia con l’amico Giorgio. Poi la guerra li costringe a scelte forzate. Lei torna a Torino, Milton e Giorgio entrano nella resistenza. In bellissimi paesaggi quasi costantemente avvolti dalla nebbia, la storia prende una piega diversa. Milton, tornato alla villa dell’amore, apprende dalla guardiana che tra Fulvia e Giorgio potrebbe esserci stato qualcosa di più dell’amicizia. Ma non è sicuro. Deve sapere. E Giorgio non può dirglielo perché è stato preso dai fascisti. Così Milton fa il possibile per catturare un fascista che poi vorrebbe scambiare con l’amico. Non ce la farà. Potrà soltanto correre a perdifiato per scansare le pallottole dei fascisti. E forse non morirà.
Il finale controverso del romanzo di Fenoglio, che fece gridare all’incompiuto, è trasformato dai Taviani in un residuo di speranza. La corsa senza fine di Milton significa che c’è ancora da correre e che niente è finito. Anche se questa volta il regista è solo Paolo (Vittorio ha grosse difficoltà di spostamento dopo un incidente stradale), la poetica dei fratelli emerge nitida e riconoscibile da ogni inquadratura. Da quelle della villa, ovvero di un passato recente che sembra tanto lontano, a quelle dei combattenti sui monti, a quella indimenticabile del prigioniero fascista che suona una batteria invisibile, a quella straziante della bambina che dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua si riaccoccola accanto al cadavere della madre, ai numerosi primi piani di Milton che è quasi costretto a rileggere la storia in chiave personale, tutto in Una questione privata parla di grande cinema capace di evocare, colpire duramente, far riflettere, astrarre.
Oltre a confermare una giovinezza creativa ancora molto viva, il film riesce a coinvolgere senza ricatti sentimentali ma semplicemente mettendo in scena tre esistenze che, si capisce bene, sono molto più di tre. Sono tutti i ragazzi cresciuti troppo in fretta. Sono tutti gli amori sbocciati e persi nel vento del ricordo. Sono tutte le situazioni estreme che hanno impedito a una vita di fluire liberamente inseguendo i propri sogni legittimi. Sono tutti i dubbi che hanno contribuito alla perdita dell’innocenza. Quindi sono tutti i fascismi ancora esistenti e tutti coloro i quali, senza sparare, resistono con la forza delle idee. Questa potente ispirazione fa sì che nessuno si accorga dell’accento romanesco di Luca Marinelli che, fuori dei panni del borgataro, dà un’interpretazione matura e convincente del giovane Milton. Che non si chiama così, ma ha avuto il soprannome dalla professoressa di inglese. E l’altro nome con cui è chiamato, Amleto, è dovuto a una recita scolastica. Quindi non sapremo mai il suo nome. Non importa: è tutti noi.
UNA QUESTIONE PRIVATA di Paolo e Vittorio Taviani. Con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy, Valentina Bellè, Jacopo Olmo Antinori. ITALIA/FRANCIA 2017; Drammatico; Colore.