Una parola che fa paura: «IL MIRACOLO»
È evidente che l’asse portante del film non sta nella capacità di Tonio di guarire la gente, ma nel suo rapporto discreto e salvifico con la ragazza che l’ha investito e che nasconde dietro l’apparenza della ribelle un mondo di sofferenza e un disperato bisogno di aiuto. In questo senso «Il miracolo» è assimilabile ai difficili percorsi dei fratelli Dardenne, da «La promesse» a (soprattutto) «Rosetta» a «Il figlio»: una lunga strada in salita per arrivare a una soglia di speranza. A differenza dei Dardenne, però, Winspeare possiede uno stile sanguigno, illuminato dalla luce del Salento e strettamente legato all’elemento musicale (in alcuni casi fin troppo invadente). E possiede, oltre a un preciso gusto visivo, una notevole capacità nel trovare le facce giuste per i suoi personaggi: la sofferta Stefania Casciaro e l’intenso Claudio D’Agostino, oltre a primari e comprimari mai casuali, ci guidano alla scoperta di una verità forse scontata ma che, dati i tempi, è opportuno ripetere fino alla noia. I miracoli esistono, eccome: ma il più grande è sempre l’amore, quello che ti fa tendere la mano a un prossimo che non l’ha chiesta e che forse neanche ringrazierà.
IL MIRACOLO di Edoardo Winspeare. Con Claudio D’Agostino, Stefania Casciaro, Carlo Bruni. ITALIA 2003; Drammatico; Colore