Una bici per sopravvivere: «LE BICICLETTE DI PECHINO»
E «Le biciclette di Pechino» diventa un film di grande interesse umano e sociale, anche se tutt’altro che omogeneo nello stile e nel linguaggio cinematografico. Guei e Jian sono due poveracci. Il primo ha ottenuto un lavoro di fattorino ed è felice. Il secondo va a scuola per ottenere una specializzazione ed è infelice. La differenza tra i due: una bicicletta, che agli occhi di Jian diventa un simbolo di prestigio sociale da ottenere a qualunque costo. Questa linea narrativa, chiara e lineare, è progressivamente «disturbata» da successivi affluenti: gli amici di Jian pronti ad aiutarlo con la violenza, una banda più organizzata e senza scrupoli, una cameriera che ruba i vestiti della padrona per sembrare una signora, la ragazza amata da Jian che però sceglie un altro scatenando reazioni imprevedibili.
Così, mentre «Le biciclette di Pechino» diventa più difficile da seguire per la molteplicità delle diramazioni, spicca su tutto il bel personaggio di Guei, disposto a restare avvinghiato alla bicicletta dall’alba al tramonto pur di non lasciarsela nuovamente portar via, disposto persino a un bizzarro accordo con Jian (un giorno ciascuno) pur di continuare a lavorare, consapevole che vita e bicicletta per lui sono tutt’uno. A voler essere fiscali, gli manca quel minimo di reazione istintiva che sarebbe lecito aspettarsi da una caparbietà come la sua. Ma forse è proprio per questo che Guei diventa il simbolo dell’onestà senza compromessi. Lasciamolo camminare a marcia indietro in un mondo lanciato verso il precipizio.
LE BICICLETTE DI PECHINO di W. Xiaoshuai. Con C. Lin, Li Bin, Z. Xun