Un valzer tra gli scaffali

Il titolo italiano del film di Thomas Stuber In den Gängen è Un valzer tra gli scaffali. Due espressioni e due significati completamente diversi. Il titolo tedesco significa «nei corridoi» e fa riferimento al luogo nel quale a tutti gli effetti si svolge la vita dei protagonisti. Il titolo italiano, solo in parte giustificato dal fatto che la sequenza d’apertura mostra l’ipermercato che si anima tra scaffali, elevatori al lavoro e impiegati indaffarati al suono del Bel Danubio Blu di Strauss, aggiunge un tocco di romanticismo (fuori luogo) che ha indotto qualcuno a parlare di poesia, di storia d’amore e quant’altro.

A noi pare che la realtà del film sia un’altra. Ciò che accade nei corridoi accade soltanto lì, come se fosse l’unico posto nel quale i dipendenti possano far vedere il meglio di sé (ovvero ciò che potrebbero essere una volta eliminate le loro pesanti sovrastrutture). Ciò che accade fuori è completamente diverso e porta alla conclusione che la solitudine e forse la disperazione sono l’unica destinazione concessa. Non sarà un caso se i tre personaggi principali sono attesi, fuori del posto di lavoro, da realtà già scritte e forse ineludibili.

Christian, assunto come movimentatore di merci per un periodo di prova, viene dal carcere e da compagnie fuorvianti che periodicamente tornano a cercarlo. Bruno, il suo collega anziano che gli insegna il lavoro, parla di una moglie che in realtà non ha e, pur mostrandosi disponibile e pacato, finirà per suicidarsi in solitudine. Marion, che Christian adocchia tra un corridoio e uno scaffale, sembra quasi ricambiarlo, ma deve convivere con una situazione matrimoniale difficile che le impedisce una decisione definitiva. Nell’ipermercato i tre vivranno i loro momenti migliori. Fuori, Bruno sceglierà il suicidio, Christian ritroverà i balordi di una volta rischiando di ricadere nell’abulia, Marion continuerà il suo percorso quotidiano di frustrazione.

In sostanza, Un valzer tra gli scaffali è un trattato sulla solitudine e di quanto il luogo nel quale questa sembra allontanarsi sia per altri versi alienante e totalizzante. Cioè, un imbuto senza uscita. Indubbiamente i personaggi hanno le loro opportunità, mostrano lati umani meritevoli di miglior sorte, si illuminano in slanci di tenerezza che forse neanche sapevano di possedere, pensano di potercela fare. Almeno finché la vita che li aspetta fuori non passa a battere cassa.

Non ci sembra pertanto di poter configurare Thomas Stuber come poeta, piuttosto come analista di un presente che secondo lui non lascia molto margine alla felicità (o tranquillità, serenità, gioia) individuale. Un pessimista che, nonostante tutto, ama i propri personaggi e forse fa persino il possibile per farli uscire dal tunnel. Quando capisce però che (sempre secondo lui) non ce la possono fare, abbandona la battaglia e issa bandiera bianca.

Teniamo presente che il film è quasi interamente ambientato in un ipermercato dell’ex DDR situato in un grande spazio in mezzo al nulla: anche le condizioni logistiche sembrano ideali per suggerire il vuoto e l’isolamento. E in questo luogo i lavoratori passano la maggior parte della loro giornata (cioè della loro vita): quando escono è buio e durante il giorno i raggi del sole non filtrano attraverso gli scaffali.

Ce ne sarebbe abbastanza per evocare da una parte lo spettro dell’incomunicabilità di Antonioni, dall’altra l’alienazione della società moderna di Tati in Playtime, dall’altra ancora l’umanità marginale e sofferente di Aki Kaurismäki (che però rimedia con surrealismo, umorismo e fiaba). Stuber usa benissimo gli interni senza fine dell’ipermercato, la musica classica diffusa dagli altoparlanti per volontà del caposervizio e la permanente illuminazione artificiale. E trova in Franz Rogowski (La donna dello scrittore) e Sandra Hüller (Vi presento Toni Erdmann) due attori capaci di guardare nel vuoto dando l’impressione di vederci comunque qualcuno.

UN VALZER TRA GLI SCAFFALI (In den Gängen) di Thomas Stuber. Con Franz Rogowski, Sandra Hüller, Peter Kurth, Matthias Brenenr, Andreas Leupold. GERMANIA 2018; Drammatico; Colore.