DI FRANCESCO MININNIChi ricorda con incrollabile affetto i fallimentari tentativi magici di Topolino ne «L’apprendista stregone» e lo stupore di Semola di fronte a Merlino ne «La spada nella roccia», potrebbe (forse dovrebbe) mantenere una certa distanza da Harry Potter. Figli di una fantasia ancora in libertà i primi, di un’astutissima operazione di marketing equiparabile a «Star Wars» il secondo, proprio non vengono dalla stessa terra. Soprattutto non vengono dalla stessa mano: Chris Columbus è stato capace di confezionare grandi successi per tutte le età, ma non è un autore vero che anche quando sbaglia sa farsi riconoscere.Lo dimostra il fatto che «Harry Potter e la pietra filosofale», successo mondiale annunciato, poggia su una sceneggiatura (di Steve Kloves) che procede a passo di carica accumulando situazioni avventurose e dimenticando l’importanza delle cosiddette scene di raccordo, che fanno tirare il fiato dando spazio ai caratteristi e preparando alla prossima emozione. Il ritmo ne risente. Senza contare che Harry Potter non è un bambino qualunque: è un piccolo mago che accede alla scuola di Hogwarts atteso da persone che si aspettano molto da lui. Si direbbe quasi un piccolo Messia pronto a stupire con miracoli di ogni genere. Si direbbe, insomma, che la scrittrice J.K. Rowling si sia appoggiata a testi decisamente più grandi di lei per arrivare più presto al cuore di tutti.Intendiamoci: Harry Potter non fa male a nessuno e, purché i bambini non si convincano che la bacchetta magica sia un rimedio universale, è uno spettacolo che comunque può trasmettere qualcosa di positivo. Ma a noi è rimasta l’impressione di una fantasia di riporto che esaurisce in bellissime scenografie (di Stuart Craig) e sontuosi costumi (di Judianna Makovsky) le sue carte migliori. Per il resto, si fatica a sentir battere il cuore del fanciullo, che dovrebbe essere invece l’ingrediente fondamentale per dare a una storia del genere l’apparenza della sincerità. Si ricordano volentieri l’elegante apparizione di John Hurt nei panni del venditore di bacchette magiche, la simpatia di Robbie Coltrane negli ingombranti panni di Hagrid, lo spettacolare gioco del Quidditch (un Rollerball su scope volanti) e l’ingresso degli allievi nell’immenso refettorio. Potrebbe essere poco per giustificare una spesa di 125 milioni di dollari e un incasso che si preannuncia superiore ai 250 milioni. Il bello è che l’unica magia autentica è probabilmente casuale: J.K. Rowling, Harry Potter e Daniel Radcliffe (il ragazzino che lo interpreta) sono nati tutti e tre il 31 luglio.HARRY POTTER E LA PIETRA FILOSOFALE di C. Columbus. Con D. Radcliffe, R. Harris, J. Hurt, M. Smith