DI FRANCESCO MININNINel lungo, difficile rapporto del cinema con la diversità rappresentata dai minorati psichici, «Ti voglio bene Eugenio» rappresenta un caso emblematico: di come talvolta (anzi, molto spesso) le buone intenzioni non sappiano tradursi in esito pratico. Lo spagnolo Francisco Josè Fernandez, autore anche della sceneggiatura, è partito dal lodevole presupposto di dimostrare come un down, se adeguatamente curato dalla medicina e dall’amore, possa vivere un’esistenza assolutamente normale e, ancor più, essere di aiuto ai cosiddetti normali con la sua enorme, sottostimata carica umana.È il caso di Eugenio che, ormai adulto, fa il giardiniere comunale, è assistente volontario in ospedale, è un bravissimo cuoco e ha una salute di ferro. Ha un fratello maggiore «normale» che vive lontano con la famiglia e che tenta invano di convincerlo a tornare con loro. E poi ha un’amica d’infanzia che, sposata e separata, torna a trovarlo quando sa che tocca a lui in ospedale assistere la figlia reduce da un grave incidente stradale. La conclusione è, purtroppo, prevedibile quanto improbabile: la ragazza guarisce e ricomincia a parlare, la madre ed Eugenio vanno a vivere insieme.Costruito con grande uso di flashback, che rendono dispersiva la materia narrata, «Ti voglio bene Eugenio» è poco più di una favoletta che fa il possibile per allontanarsi dalla realtà e accostarsi a schemi di tipo televisivo che hanno poco a che vedere con la vita vissuta. Se Giancarlo Giannini, pur mostrando la preoccupante tendenza a non essere affatto selettivo nelle proprie scelte professionali, ha una carica umana immediata che lo rende comunque accettabile, è il suo povero personaggio a perdere pezzi da tutte le parti. Eugenio, infatti, è un diverso talmente uguale da non avere alcun bisogno di cure particolari per sentirsi a proprio agio in un mondo distratto. Così procede senza tentennamenti verso il più fantasioso dei lieti fini attraversando una serie di avvenimenti studiati a tavolino che mai una volta mettono a dura prova la sua forza d’animo. E «Ti voglio bene Eugenio», nonostante la buona volontà e la nobiltà di sentimenti, diventa una commedia con occasionali episodi drammatici alla quale nessuno potrebbe credere come un’eventualità realizzabile.Il film di Fernandez, in un certo senso, è l’esatto opposto de «L’ottavo giorno» di Jaco van Dormael: di un buonismo rosa confetto almeno quanto l’altro è pessimista fino alla crudeltà. I down non hanno bisogno né di compassione né di emarginazione: soltanto d’amore, in modo da poter far capire con chiarezza che la loro esistenza è tutt’altro che uno scherzo di natura.TI VOGLIO BENE EUGENIO di Francisco J. Fernandez. Con Giancarlo Giannini, Giuliana De Sio, Jacques Perrin. ITALIA 2000; Commedia; Colore