Un (altro) incubo sull’autostrada: «RADIO KILLER»

DI FRANCESCO MININNI«Radio Killer» di John Dahl parte da un adagio familiare a tutti i bambini del mondo: mai parlare con gli sconosciuti. Il che, di certo, non è una novità: da sempre, da Alfred Hitchcock a Robert Siodmak, da Wes Craven a Dario Argento, chi parla con gli sconosciuti in un particolare genere di film di solito muore. Se ciò lascia gli scenari urbani e si trasferisce sull’autostrada (o freeway) implicando un lungo duello tra guidatori di automobili e di Tir, si risvegliano i fantasmi di «Duel» di Steven Spielberg. Se il duello non possiede valenze simboliche, ma è semplicemente il confronto tra i «normali» e un maniaco, si risvegliano i fantasmi di «The Hitcher» di Robert Harmon. Se, oltre a non avere valenze simboliche, non inventa alcunchè all’interno del genere thriller e si limita a riproporre le situazioni di sempre con un po’ di mestiere e una suspense sovraccarica che rischia a più riprese di afflosciarsi, allora diventa «Radio Killer».

Un giovane parte in auto per andare a prendere la donna che ama. Lungo il percorso, si ferma a raccogliere il fratello appena uscito dal carcere. Prima di arrivare a destinazione, però, i due hanno l’infelice idea di fare uno scherzo a un conducente di Tir via radio: fingendosi donna, uno dei due gli dà appuntamento in un motel. Nessuno crede che tutto possa finire in una risata: ma da qui all’evoluzione della storia, ce ne corre. Al motel il camionista burlato la prende male e riduce in coma un cliente. Poi, avendo capito che responsabile del giochetto è qualcun altro, prende a cercare i protagonisti. Li troverà e organizzerà la sua vendetta in modo che nessuno possa essere sicuro di come andrà a finire…

Senza dubbio un film-clone, «Radio Killer» permette di passare poco più di un’ora con il conforto di una certa tensione. Poi, però, l’intreccio diventa troppo meccanico e, soprattutto, lascia chiaramente capire di non avere altro scopo se non quello di suscitare forti emozioni senza curarsi né di logica né di eventuali significati (come potrebbe essere, ad esempio, la personalità del killer contraddistinta da un devastante senso di solitudine).

Così il film scivola verso il thriller a effetto accumulando colpi di scena e sorprese dietro l’angolo in quantità francamente irritante. John Dahl, autore di thriller più o meno ambiziosi come «L’ultima seduzione» e «Red Rock West», non ha lo spessore simbolico d Spielberg né quello più popolare ma sempre raffinato di Harmon. E forse non ha neanche il senso dello spettacolo del Jonathan Mostow di «Breakdown». Ha un’autostrada, tre vittime designate e un carnefice nel quale, tutto sommato, sarebbe stato meglio indagare più a fondo.

RADIO KILLER (Joy Ride) di John Dahl. Con Steve Zahn, Paul Walker, Leelee Sobieski. USA 2001; Thriller; Colore