THE CONSPIRATOR
DI FRANCESCO MININNI
Su Robert Redford si può sempre contare per alcune cose: la volontà di essere una voce fuori del coro quando ve ne sia realmente motivo e non per partito preso, l’incrollabile coscienza civile che lo induce a combattere determinate battaglie, l’indipendenza dalle grandi case di produzione che gli permette di agire senza vincoli, la capacità drammatica, l’anelito democratico. Diciamo la verità, non è poco. La sua attività da regista, con l’eccezione parziale di «In mezzo scorre il fiume» e «L’uomo che sussurrava ai cavalli», ha sempre riservato valido materiale per chi fosse interessato a leggere la storia americana con sguardo obiettivo e possibilità di fattivi contraddittori. Cose che ritroviamo puntualmente in «The Conspirator», ricostruzione storicamente documentata del processo che si tenne nel 1865 contro i cospiratori che progettarono e misero in atto l’assassinio del presidente Lincoln.
Girato a Savannah, in Georgia, il film ha molti pregi. L’accuratezza della ricostruzione ambientale, la scelta di attori adeguati, l’andamento rigoroso che esclude ogni forzatura melodrammatica, l’obiettività nell’osservare fatti e ragioni, la competenza tecnica messa al servizio di significati che vanno ben oltre il valore della fotografia e del montaggio. E, proprio alla fine, un ragionamento sul potere che esula dall’epoca in cui il film è ambientato e proietta la propria ombra fino a noi.
Il fatto che John Wilkes Booth e i suoi complici avessero meditato e pianificato l’atto criminale in casa di una vedova affittacamere, Mary Surratt, fa sì che anche lei venga accusata di complicità e mandata sotto processo. Un processo che, nonostante gli imputati siano civili, sarà sostenuto da un tribunale militare. A questo punto il senatore Johnson, che dovrebbe sostenere la difesa della donna, invoca motivi di salute e affida il compito a un eroe di guerra, l’avvocato Frederick Aiken. Questi esita, soprattutto perché non concepisce l’idea di poter difendere una donna del Sud che ritiene colpevole. Poi, però, piano piano, comincia a dubitare delle proprie certezze. Non capisce, soprattutto, perché affidando il processo a un tribunale militare si vada contro un preciso articolo della Costituzione. La Storia insegna che ogni suo sforzo per garantire a Mary un processo equo sarà vano.
Redford non commette l’errore di aggiornare il testo permettendo che chiunque possa assegnare ai contendenti l’identità di qualche personaggio contemporaneo. Non commette neppure l’errore di affidare le proprie ragioni a una drammatizzazione accentuata che trasformerebbe «The Conspirator» in un melodramma o un thriller. E non cede neanche alla tentazione di schierarsi da una parte sola, cercando per quanto possibile di esaminare i fatti dai diversi punti di vista in modo da raggiungere l’equilibrio dell’obiettività. Ne esce un dramma processuale che, presi in considerazione fatti, prove e risultanze, afferma a chiare lettere che in nome della ragion di Stato (quindi con le migliori intenzioni) si possono commettere orribili ingiustizie. È evidente, ad esempio, che l’accanimento del ministro della guerra (un gelido, inedito Kevin Kline) non è dovuto a una personale forma di sadismo, ma alla necessità di impedire che la nazione intera precipiti nel caos all’indomani della proclamazione dell’unione.
Ma è anche evidente che l’iter processuale impedisce da subito qualunque possibilità di difesa per una donna innocente, anche nel momento in cui il suo avvocato agisce realmente per difendere un principio di democrazia. Questo particolarissimo rapporto tra accusata e avvocato difensore Redford lo rappresenta da maestro lavorando sull’illuminazione. Il fatto che, nella penombra della cella o dell’improvvisato tribunale, sia sempre presente qualche effetto di luce (ad esempio i raggi del sole attraverso le sbarre) che impedisce ai due di vedersi con chiarezza, è testimonianza di una scelta espressiva che parla chiaro: quando tra i due si instaurerà un rapporto di fiducia, sarà comunque troppo tardi. Bravo James McAvoy (Aiken), bravissima Robin Wright (Mary). Nessuno sopra le righe: soltanto gli angoli oscuri della democrazia.
THE CONSPIRATOR (Id.) di Robert Redford. Con James McAvoy, Robin Wright, Kevin Kline, Tom Wilkinson, Evan Rachel Wood, Justin Long, Danny Huston. USA 2010; Drammatico; Colore