«THE AVIATOR»

DI FRANCESCO MININNIQuando si dice «film da Oscar» spesso si dimenticano le regole più elementari dello show-business americano, anteponendo ad esse il nostro personale giudizio. Seguendo questo principio, Martin Scorsese avrebbe già potuto (forse dovuto) vincere per opere come «Taxi Driver», «Quei bravi ragazzi», «L’età dell’innocenza». E invece, se le nostre previsioni si avvereranno, finirà col vincere la statuetta per «The Aviator»: un film costosissimo, puntiglioso nella ricostruzione storica, per niente tenero nei confronti dei giochi di potere americani, ma indubbiamente più kolossal e quindi meno personale di tanti film in cui Scorsese ha realmente narrato il mondo e le storie che meglio conosce. Qui, invece, si ritrova un po’ ingabbiato da un progetto che non è suo né lo diventa per intero. A ben guardare, «The Aviator» contiene materiale che avrebbe potuto stimolare la fantasia e la «follia» di Coppola, che in un certo senso ha raccontato una storia più piccola ma simile in «Tucker, un uomo e il suo sogno» ed è stato comunque sempre attratto da personaggi megalomani al limite della pazzia. Scorsese, invece, affronta sedici anni di vita del miliardario Howard Hughes con lucidità e senso della storia, ma anche con la piena consapevolezza di un budget da 110 milioni di dollari. Così nasce un film da Oscar.

C’è un altro problema in «The Aviator», francamente difficile da aggirare: si tratta del giochetto «chi interpreta chi», che finisce per rendere il film una galleria di nomi celebri con facce in qualche caso difficili da accettare. Così Jude Law è Errol Flynn, Kate Beckinsale presta le sue sembianze ad Ava Gardner e Cate Blanchett (fate un grosso sforzo di fantasia) si cala nei panni di Katharine Hepburn. Da tutto questo dovrebbero trarre giovamento il protagonista/mattatore e i comprimari non chiamati a confrontarsi con volti famosi. Ma se Alec Baldwin è un credibile Trippe, fondatore della Pan-Am, e Alan Alda sbaraglia la concorrenza interpretando al meglio il senatore che perseguitò Hughes, Leonardo Di Caprio (un altro possibile Oscar) cade nella trappola della follia megalomane del miliardario. Non essendo particolarmente capace di mezzitoni, Di Caprio finisce per passare subito dalla megalomania ai disturbi psichici risultando a lungo andare monotono e trovando un guizzo di bravura soltanto nella scena del processo.

Non vorremmo dare l’impressione di sparare a zero su «The Aviator», che ha grandi pregi scenografici (opera di Dante Ferretti) e storico/sociali. Ma resta una sensazione precisa: che se Scorsese si fosse limitato a raccontare il rapporto tra Howard Hughes e il cinema, lasciando l’aviazione in secondo piano, avrebbe realizzato un film veramente grande. Come nella prima mezz’ora quando, ricostruendo in maniera impeccabile la faticosa lavorazione del costosissimo «Hell’s Angels», l’autore ci fa capire di raccontare la storia di un compagno di viaggio che, attratto dal miraggio dei cieli, si ritrovò (forse suo malgrado) a competere con Dio.

THE AVIATOR (Id.) di Martin Scorsese. Con Leonardo Di Caprio, Cate Blanchett, Kate Beckinsale, Alan Alda. USA 2004; Biografico; Colore