STAR TREK

DI FRANCESCO MININNI

Strano a dirsi, ma anche James Tiberius Kirk (prima capitano, poi comandante, infine ammiraglio) e il vulcaniano Spock (inamovibile e granitico nel suo controllo sui sentimenti e le emozioni) sono stati giovani. Di più, sono stati addirittura bambini. Ad informarci di questo sconvolgente accadimento sono gli sceneggiatori Orci e Kurtzman e il regista J.J. Abrams che, per dare l’undicesimo episodio alla saga cinematografica di «Star Trek», hanno pensato e realizzato quello che dovrebbe essere il prequel assoluto. Ovverosia quello che racconta proprio le origini. E bisogna dire che, al di là di una generale semplificazione di toni che tiene a debita distanza implicazioni esistenziali o filosofiche, lo spettacolo funziona. Bisogna vedere se funziona soltanto per noi, che non siamo mai stati devoti appassionati della storica serie nata 43 anni fa, o anche per i tanti trekkies sparsi per il mondo. Crediamo tuttavia che il giochetto delle origini, ben studiato e adeguatamente sostenuto da un cast scelto con attenzione, possa funzionare, anche soltanto come semplice divertimento, per tutti.

Il motivo della vocazione spaziale di Kirk è semplice: suo padre morì per salvare ottocento persone proprio mentre lui stava nascendo. La presa d’atto di questo eroismo e la provocazione di un alto ufficiale («Ti sfido a fare di meglio») fanno sì che il giovane James Tiberius, irrequieto e poco propenso al rispetto di leggi e regolamenti, accetti la sfida. L’incontro con Spock, che lotta interiormente per conciliare la paternità vulcaniana e la maternità terrestre, sarà tutt’altro che indolore. Per indirizzare i due verso un’amicizia infinita dovrà intervenire addirittura lo Spock anziano. Ma tant’è: quando si tratterà di affrontare la minaccia del romulano Nero, tutto l’equipaggio farà quadrato dando il la a mille avventure.

Soffermandoci a riflettere sui meriti da assegnare per il buon esito del film, siamo arrivati alla conclusione che Orci e Kurtzman, i due sceneggiatori, ne abbiano più di Abrams. La presentazione successiva dei vari personaggi, i contrasti, le caratterizzazioni, la brillantezza di molti dialoghi valgono più di una regia che tenta disperatamente di mixare «Star Trek» e «Star Wars» (ovvero, come lo stesso Abrams ha detto, i Beatles e i Rolling Stones) ottenendo un risultato più fracassone che sostanziale. Lo spettatore, trovandosi a dover scegliere tra ironia e computer, farebbe meglio a optare per la prima, l’unica a offrirgli la garanzia di qualche novità o almeno di qualche alzata d’ingegno. E non perché la saga di Lucas sia brutta o sbagliata. Più semplicemente perché «Trek» e «Wars» sono due mondi ben distinti cui non potrebbe mai giovare l’incontro a mezza strada tra l’Enterprise e la Morte Nera.

Tutto sommato è stata una buona idea puntare su attori giovani e di scarsa popolarità, che se non altro favoriscono un importante processo di identificazione che li rende un po’ meno distanti dei modelli originali. Chris Pine (Kirk), Zachary Quinto (Spock), John Cho (Sulu), Anton Yelchin (Chekov), Simon Pegg (Scotty), Karl Urban (McCoy) e Zoe Saldanha (Uhura) convincono più di Eric Bana (Nero, un cattivo da operetta) e Wynona Rider (la madre di Spock, relegata in un cameo). Diverso il discorso per Leonard Nimoy: a parte il fatto che la sua apparizione ha fatto infuriare William Shatner per non essere stato a sua volta chiamato in causa, il suo Spock, più di Kirk e degli altri, sembra davvero il personaggio-guida di tutta la serie e quindi in un certo senso imprescindibile. Non a caso, è affidata alla sua voce la frase conclusiva del film, che sarà invece quella introduttiva di tutti i telefilm: «Spazio, ultima frontiera. Questi sono i viaggi dell’astronave Enterprise…». E la storia continua.

STAR TREK(Id.) di J.J. Abrams.Con Chris Pine, Zachary Quinto, Eric Bana, Wynona Rider, John Cho, Anton Yelchin, Simon Pegg, Leonard Nimoy.USA 2009;Fantastico; Colore