«ROMANZO CRIMINALE»

DI FRANCESCO MININNIUn melodramma gangster da una parte, la storia d’Italia dall’altra. Come suggerito dal titolo stesso, «Romanzo criminale» è una cronaca di fatti di malavita con forti interferenze di quella che chiameremo finzione, ma che in realtà è soltanto un modo più romantico ed enfatico di rappresentare alcuni personaggi ed avvenimenti. La sfida non è di poco conto: sia il magistrato Giancarlo De Cataldo, autore del libro e coautore della sceneggiatura, sia Michele Placido, regista del film, sono consapevoli dei rischi di creare due universi paralleli che, se non si intersecassero mai, porterebbero alla creazione di due film distinti a tutto svantaggio dello spessore storico. In più di una circostanza questo accade, suscitando l’impressione di una «storia de borgata» attraversata di tanto in tanto da lampi di storia recente.

Ma Placido ha il piglio del narratore popolare che gli permette di aggirare l’ostacolo: con qualche difetto di sceneggiatura, qualche personaggio irrisolto e un inutile prolungarsi del racconto, «Romanzo criminale» è un buon esempio di quel thriller popolare di cui furono precursori Luigi Zampa («Processo alla città») e Pietro Germi («In nome della legge»), prima che Rosi e Damiani lo portassero a una dimensione più scopertamente politica.

Il Freddo, il Dandi, il Libanese e il Nero sono i soprannomi che identificano i componenti della banda della Magliana, che negli anni Settanta prese possesso di Roma iniziando con un sequestro di persona, proseguendo col traffico di droga e finendo per essere usata dai poteri occulti dello Stato a scopi eversivi. Questa è la storia. Ma De Cataldo e Placido ne raccontano un’altra, come può averla immaginata la fantasia popolare.

Ne esce un ritratto particolare: di gente comune che, per qualche strana magia, si ritrovi nelle situazioni di un film e cui soltanto la morte permetta di ritornare nella vita vera. A raccontarla così sembra una scommessa e probabilmente lo è. Quando non eccede in sentimentalismi o scivola sul personaggio troppo vago e pretestuoso del commissario Scialoja, Placido ottiene un risultato concettualmente vicino ai grandi western di Sergio Leone: fingendo di raccontare il mito, dà lezioni di storia.

Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria e, soprattutto, Perfrancesco Favino sono molto bravi a tratteggiare personaggi dalle differenti caratteristiche. L’eminenza grigia è Toni Bertorelli, cui Placido affida l’immagine di un potere dagli echi inequivocabilmente kafkiani.Anche se non è un film completamente riuscito, anzi proprio in virtù dei suoi difetti, «Romanzo criminale» ripropone l’importanza del prodotto medio. Se dovessimo vivere di capolavori, saremmo già morti di fame.

ROMANZO CRIMINALE di Michele Placido. Con Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria, Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Jasmine Trinca. ITALIA 2005; Thriller; Colore