Reality

DI FRANCESCO MININNI

I rischi impliciti in un’operazione come «Reality» sono evidenti: luoghi comuni, didascalismo, moralismo spicciolo, prevalenza dello stile sul contenuto, stratificazione degli elementi grotteschi fino ad arrivare alla rappresentazione di un mondo che non c’è. Matteo Garrone, però, è una persona intelligente e consapevole che, quando ci si danno dei limiti, bisogna rispettarli ad ogni costo. Così, smentendo ogni possibile prevenzione e ogni critica preventiva, il risultato è un film in cui praticamente niente è fuori posto e la cui finalità corrisponde alla volontà di rappresentare non qualcosa di universale, ma un casso specifico. Come dire che Luciano il pescivendolo non è tutti noi, non avrebbe potuto esserlo: è qualcuno di noi, forse anche tanti, tutti quelli che sono convinti che il poco che hanno può essere chiamato niente e che, per forza, da qualche parte è scritto che arriverà l’occasione per cambiare. Di suo Garrone ci mette una considerazione triste ma fondata: se in attesa del colpo di fortuna visto come dovuto il soggetto comincia ad adeguare la propria esistenza a ciò che sarà (che lui crede sarà), le conseguenza potrebbero essere devastanti.

Luciano il pescivendolo, nel quartiere Barra di Napoli, partecipa spinto dai figli ai provini per il «Grande Fratello». Dopodiché, da un momento all’altro, comincia a scendere i gradini della follia. Prima si convince che è stato scelto e che sarà sicuramente chiamato, poi si convince che tutti quelli che lo guardano per strada sono emissari della televisione che controllano il suo comportamento, poi comincia a regalare gli oggetti di casa ai «poveretti» che vengono sotto la sua finestra, poi caccia la moglie colpevole di non credergli. In pratica, disgrega la propria esistenza in attesa di qualcosa che non sarà. E neanche la remota consapevolezza di aver sbagliato tutto lo fermerà: dalla Via Crucis del Papa al Colosseo alla fantomatica casa del «Grande Fratello» il passo è breve.

Garrone veniva da «Gomorra» e sapeva bene che una nuova storia napoletana poteva essere molto rischiosa quanto a sovrapposizioni e somiglianze. Così, stilisticamente, è andato all’opposto. Quanto «Gomorra» era gelido e grigiastro, tanto «Reality» è coloratissimo e brillante. E stiamo parlando naturalmente di qualità dell’immagine, perché in effetti i colori di «Reality» non sono altro che le sgargianti decorazioni di un’autostrada verso il nulla. Anche i presunti luoghi comuni della napoletanità, poi, sono utilizzati come sostegno alla rappresentazione di una strisciante disperazione che, per sopravvivere, si maschera dietro la pantomima della gioia e dell’esuberanza. A ben guardare, non ci sono né pizza né mandolino né «O sole mio»: ci sono vicoli, ciccioni e ciccione saltellanti, gente che vive di illusioni e che fatica a confrontarsi con una realtà che non corrisponde a quella desiderata. E poi c’è il «Grande Fratello», il massimo della finzione travestito da massimo della realtà.

C’è una vita fatta di icone facili da elevare a simboli assoluti. C’è una macchina da presa che, dopo una panoramica aerea di Napoli, scende nel dettaglio di una strada dove passa un carro tirato da due cavalli bianchi che accompagna due sposi alle nozze (si direbbero nozze televisive, con sponsor e ospiti d’onore). E, alla fine, c’è una macchina da presa, forse la stessa, che dalla casa illuminata del «Grande Fratello» si alza ad inquadrare tutta Roma nel buio della notte. E se nel buio l’unica luce è quella del «Grande Fratello», c’è poco da stare allegri. In questo contesto che definiremo tragico senza timore di essere smentiti, brilla la maschera di Aniello Arena, un po’ Totò, un po’ Troisi, un po’ il popolo napoletano più autentico e meno da cartolina. Quello che, finiti il sole, la pizza, il mandolino e «Funiculì Funiculà», deve fare i conti con il mestiere di vivere e con una disperazione che nessun folklore può mascherare dietro un sorriso. Garrone lo sa e sa anche rappresentarlo con una potenza che non consente distrazioni.

REALITYdi Matteo Garrone. Con Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone, Graziella Marina, Nello Iorio. ITALIA/FRANCIA 2012; Drammatico; Colore