«QUO VADIS, BABY?»

DI FRANCESCO MININNIIspirandosi a un romanzo di Grazia Verasani, Gabriele Salvatores si distacca dal sole abbagliante di «Io non ho paura» e, deliberatamente, si cala nell’oscurità di una Bologna poco riconoscibile e fatta di interni per raccontare, in «Quo vadis, baby?», di vite allo sbando alla ricerca di un filo che possa ricucire gli strappi del passato. In un certo senso Salvatores torna ai personaggi della sua generazione che gli hanno dato fama e successo, ma non li trova né nostalgici né sognatori. Sono incupiti, arrabbiati col mondo, irrequieti forse senza speranza. Sono persone cui manca qualcosa: un tassello di vita, forse, per mettere la parola fine a un puzzle cui forse mancherà sempre un pezzo. Lo stile, che in «Io non ho paura» aveva subito una sostanziale mutazione in ragione della storia narrata, ne subisce un’altra. Salvatores diventa un esistenzialista a caccia di ombre.

Il suo racconto, tuttavia, è fortemente condizionato da un racconto parallelo che parla soltanto di cinema: la nouvelle vague, «Ultimo tango a Parigi» (dei cui dialoghi fa parte la battuta che dà il titolo al film), «M – Il mostro di Dusseldorf», attraversano «Quo vadis, baby?» collegandosi strettamente all’intreccio e connotando atmosfere e personaggi. Non c’è gratuità nelle citazioni: appartengono ai personaggi, che da esse sono identificati. E poi c’è Edward Hopper, con i suoi quadri di gente sola e immobile ai banconi di una cafeteria. Insomma Salvatores, pur raccontando per la prima volta una storia con una protagonista femminile, ha trovato il modo di raccontare se stesso, i propri dubbi, il proprio pessimismo e, in fin dei conti, il proprio amore per un mondo che, piaccia o meno, è quel che abbiamo. L’ultimo riferimento, il più volatile, è quello al noir: diremmo che si tratta con tutta probabilità di una falsa pista.

Giorgia, investigatrice privata, riceve alcune videocassette che contengono immagini e parole della sorella Ada, morta suicida anni prima. Dapprima perplessa e incerta, piano piano Giorgia si appassiona alla ricostruzione di un’immagine perduta e spera di poter svelare un mistero che le è rimasto dentro. L’incontro con il professor Berti, con cui intreccia una relazione, la spinge, di pari passo con la progressiva visione del materiale video, verso qualche certezza e pochi (ma sostanziali) dubbi. Il professore è stato amante di Ada. Ma è sua la responsabilità del suicidio della sorella?

Se si vuole apprezzare al meglio il percorso psicologico di Salvatores, bisogna non lasciarsi tentare dall’attesa di una soluzione a sorpresa. Perché nel mondo dei personaggi di «Quo vadis, baby?» non c’è spazio per le sorprese. E il finale del film, di gran lunga la trovata migliore, racconta una verità della quale soltanto lo spettatore sarà a conoscenza. Qui la complicità è totale: non solo cinema nel cinema, ma anche un camera look rivolto da un’immagine (non più da un personaggio) al pubblico in sala.

«Quo vadis, baby?» lascerà scontenti quanti si aspettavano un intrigo con colpo di scena. Gli altri potranno apprezzare la crescita di un autore che, per quanto costretto nei confini di una visione nichilista e insofferente di ogni regola, sa cosa fare della macchina da presa e comincia a conoscere i segreti del cinema dei grandi.

QUO VADIS, BABY? di Gabriele Salvatores. Con Angela Baraldi, Gigio Alberti, Claudia Zanella, Elio Germano. ITALIA 2005; Drammatico; Colore