Quelle trappole del realismo simbolico: «LA FELICITÀ NON COSTA NIENTE»

DI FRANCESCO MININNIC’è qualcosa che crea una barriera tra noi e l’ultimo film di Mimmo Calopresti «La felicità non costa niente». Non i contenuti e il significato, la disperata ricerca della libertà da parte di un uomo arrivato ma stanco di un mondo che non capisce più. Non la forma che, pur mostrando una certa involuzione rispetto a prove più convincenti, mantiene rigore e pulizia d’immagine. Non la costruzione dei personaggi, dal tormentatissimo protagonista alle diverse donne della sua vita. Se dunque tutto questo è comprensibile e accettabile, il problema sta altrove. Ci sembra che, al suo quarto lungometraggio da regista, Calopresti abbia preteso da se stesso, autore e attore, qualcosa che non rientra nel proprio raggio d’azione. Facile parlare dell’attore, che da brevi apparizioni è passato qui a un ruolo da protagonista che evidentemente sentiva necessario, ma che non sembra comunque in grado di reggere a causa di limitate risorse espressive. Questo crea una situazione strana tra lo spettatore e il film: chi sia interessato all’argomento, potrebbe incontrare qualche difficoltà ad identificarsi col protagonista. Eppure non è questo lo scoglio più insormontabile. Il vero problema è che Calopresti regista, fin qui rigorosamente realista e molto concreto, ha scelto la strada non facile del realismo simbolico mostrando qualche limite proprio nella capacità di mettere in immagini sogni e visioni, al punto da far sorgere qualche dubbio se la destinazione ultima del suo film sia la speranza o l’utopia.Sergio, da architetto di successo con moglie, figlio, amici e amante, improvvisamente decide di scollegarsi da un mondo che non capisce e non ama e prende a comportarsi da «anomalo» dicendo a tutti verità non sempre (quasi mai?) piacevoli. L’incontro con una donna bella e indifesa gli farà pensare di aver trovato il vero amore. Ma il suo unico confidente rimarrà un operaio morto in cantiere, che periodicamente gli appare comportandosi come un grillo parlante. E la felicità? È dietro l’angolo, naturalmente.«La felicità non costa niente» conferma il percorso interiore di un autore che, comunque vadano le cose, rifiuta programmaticamente di abbandonarsi alla disperazione preferendo tenere sempre aperta una finestra sul domani. Ma è anche il segnale di uno stile non sempre controllato. A Mimmo Calopresti cui confermiamo tutta la nostra fiducia, occorrerebbe riflettere sui propri mezzi espressivi. Coraggio e argomenti non gli mancano di certo. LA FELICITÀ NON COSTA NIENTEdi Mimmo Calopresti. Con Mimmo Calopresti, Vincent Perez, Fabrizia Sacchi, Peppe Servillo, Valeria Bruni Tedeschi, Laura Betti. ITALIA/FRANCIA/SVIZZERA 2003; Drammatico; Colore