QUASI AMICI

DI FRANCESCO MININNI

Oltre 19 milioni di spettatori hanno decretato in Francia lo strabiliante successo di «Quasi amici», il quarto lungometraggio di Olivier Nakache e Eric Toledano, che è così diventato il terzo incasso assoluto di tutto il cinema francese. Un successo che, ripetutosi anche fuori dei confini nazionali, induce comunque a porsi qualche domanda, perché diversamente da «Giù al Nord» non siamo in presenza di una storia che appartiene di diritto al regno della commedia, bensì a una vicenda dai profondi risvolti umani, dai precisi significati sociali e, per di più, realmente accaduta tra Philippe Pozzo di Borgo, proprietario delle cantine Pommery, e l’algerino Abdel Sellou.

Il primo tetraplegico a seguito di un incidente con il deltaplano, il secondo imprevedibilmente assunto come suo badante. Il loro rapporto, nella realtà, si è trasformato in una sorta di lotta di classe: il ricco immobilizzato (certo, una metafora dell’immobilismo della classe dirigente), il povero vitalissimo e adrenalinico hanno dato vita a un interessante scambio di sentimenti, di umanità, di voglia di vivere che hanno portato entrambi a un accrescimento interiore e all’assunzione di nuove responsabilità nel consesso civile. Appare chiaro che non è impresa semplice tradurre in film una storia del genere, che si presta a semplificazioni, a strizzate d’occhio, a complicità tra gli autori e il pubblico. Questo è più o meno proprio quanto è successo: «Quasi amici» è più una commedia che il resoconto di una storia vera. Così diventa abbastanza facile capire le ragioni del suo successo.

Philippe è immobilizzato e ha bisogno di un badante capace. La sua scelta cade su Driss, un nero che vive in periferia e a tutto pensa fuorché ad aiutare il prossimo. I motivi della scelta di Philippe sono proprio questi: avere accanto qualcuno che non mostri pietà ma che, se non altro per una retribuzione molto generosa, accetti di svolgere il lavoro. E, per quanto Driss ci metta un po’ di tempo ad entrare nel personaggio del badante, l’esperimento riesce. Al punto che Philippe non solo troverà un egregio compagno di vita, ma anche qualcuno che, a modo suo, lo aiuterà a rifarsi un’esistenza.

Di certo «Quasi amici» ha una certa forza rappresentativa, anche se la dichiarata passione dei due registi per il cinema di Dino Risi fa pensare spesso a una sorta di rilettura personalizzata di certe tematiche di «Profumo di donna». È altrettanto certo, però, che il lavoro di Nakache e Toledano non è stato esattamente rigoroso e senza distrazioni. Omar Sy, chiamato a interpretare Driss, è un nero adrenalinico che in più di un’occasione può far pensare a certe performance di Eddie Murphy piuttosto che a un algerino con molti conti in sospeso con la legge e con la vita. Ciò porta automaticamente il film sul binario della commedia sociale facendo sì che l’impatto con il pubblico sia molto meno forte di quanto poteva lasciar presagire la storia originaria, con episodi (esempio lampante: l’inutile corteggiamento di Driss alla segretaria Magalie, che si rivelerà lesbica) più di pertinenza della commedia degli equivoci e quindi appositamente studiati per «acchiappare» spettatori.

Va da sé che «Quasi amici» è comunque un’opera degna di attenzione, grazie soprattutto alla misurata interpretazione di François Cluzet nel ruolo di Philippe. Si capisce bene come tra i due personaggi scorra qualcosa di profondo che va oltre la commedia e si chiama solidarietà, tanto più difficile da gestire in quanto le parti del contendere sono un miliardario e un disoccupato dei quartieri bassi. Se si riesce a soprassedere su certe evidenti ruffianate, quel che resta è abbastanza per imbastire un discorso piuttosto serio su alcune problematiche non indifferenti del vivere contemporaneo.

QUASI AMICI (Intouchables) di Olivier Nakache e Eric Toledano. Con François Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Audrey Fleurot, Clotilde Mollet, Cyril Mendy. FRANCIA 2011; Commedia; Colore