ONORA IL PADRE E LA MADRE

DI FRANCESCO MININNI

Se esistesse il caso, sarebbe l’occasione giusta per chiamarlo in causa. Capita di rivedere il primo film di Sidney Lumet, «La parola ai giurati», anno 1957, e la sera successiva di vedere invece l’ultimo, «Onora il padre e la madre», anno 2007. E così, in due ore, si misura il consumarsi di cinquant’anni. Non tanto per Lumet, che mantiene intatti il vigore narrativo, l’occhio clinico per i mali della società, la straordinaria capacità di ottenere il meglio da qualunque attore. No, non è Sidney Lumet il punto. «La parola ai giurati», film memorabile e ancora oggi attualissimo, non era certo un film a lieto fine: ma difendeva strenuamente l’importanza del dialogo, dello scambio di opinioni, della difesa dei principi, in una parola dell’esercizio della democrazia. «Onora il padre e la madre» sembra non aver più niente da difendere e racconta, con le cadenze di un thriller ben costruito attraverso una lunga serie di flashback incrociati, vari livelli di cattiveria fino alla perdita di umanità.

I fratelli Hanson, Andy e Hank, sono assediati dai guai. Andy fa il broker e ha molti scheletri nell’armadio: apparentemente freddo e riflessivo, è invece un vulcano alla vigilia di un’eruzione. Hank, invece, è sempre stato il cocco di mamma: ma adesso è divorziato, non ha soldi per pagare gli alimenti e vede precipitare di giorno in giorno quel che resta della propria dignità. Alla fine, Andy crede di avere l’idea giusta: un colpo facile facile in una gioielleria di provincia, nessuno ci rimette e i problemi spariscono. La gioielleria, a conduzione familiare, è di proprietà dei loro genitori. E quando, il giorno del colpo, qualcuno spara, il sassolino fatto rotolare da Andy e Hank si trasforma rapidamente in una frana.

Lumet non pretende l’originalità a tutti i costi. Forse non l’ha mai pretesa. Sa però che i temi classici, se adeguatamente aggiornati, non perdono di vigore né d’attualità. In «Onora il padre e la madre», con l’eccezione di un finale davvero troppo cinico e crudele, tutto sembra uscito da un fatto di cronaca (uno qualunque) di quelli che affollano le prime pagine dei quotidiani. E né Lumet né il suo sceneggiatore Masterson riescono a trovare motivi per cambiare qualcosa nel lento percorso di autodistruzione dei personaggi. Così ci ritroviamo un quadro credibile e raggelante di una società in cui, smarrito il valore primario della famiglia, tutto il resto cade di conseguenza. Ci accompagnano in questo tour degli orrori un Philip Seymour Hoffman (Andy) di film in film più maturo e incisivo, un Ethan Hawke (Hank) capace di non lasciarsi travolgere da un personaggio esagitato e disperato, un Albert Finney (il padre) cui nessuno può insegnare più niente sull’arte della recitazione. Così si ricompone un quadro classico che, da Agamennone a Edipo, da Amleto a Re Lear, giù giù fino a Michael Corleone, individua nel nucleo familiare la nascita del germe della distruzione. E Lumet, che aveva esordito con le ragioni della speranza, a 82 anni di età si ritrova su un campo di battaglia in cui ben poco si è salvato dalla distruzione. Persino il titolo, quello originale, suona da requiem: se «Onora il padre e la madre» suona da sberleffo al quarto comandamento, l’originale «Before the Devil Knows You Are Dead» fa riferimento a un brindisi irlandese molto sinistro: «Possa tu andare in Paradiso mezz’ora prima che il diavolo sappia della tua morte».

ONORA IL PADRE E LA MADRE (Before the Devil Knows You Are Dead) di Sidney Lumet. Con Philip Seymour Hoffman, Ethan Hawke, Albert Finney, Marisa Tomei. USA 2007; Drammatico; Colore