Old Man & the Gun
La chiave di lettura di Old Man & the Gun di David Lowery non sta esattamente nella vita bizzarra di Forrest Tucker, rapinatore seriale armato di pistola che non userà mai. Forse neanche nella insolita rilettura del sogno americano (ricordate? Il paese delle occasioni con tutto quel che segue). E neppure nell’avanzata età del protagonista, che potrebbe dire una parola sulle opportunità che si aprono a chi vive la terza età con indipendenza e una certa dose di sfacciataggine. In realtà la chiave di lettura più sensata è da ricercarsi nel fatto che Robert Redford ha scelto questo film per chiudere la sua gloriosa carriera d’attore.
L’ottantaduenne attore californiano ha debuttato nel 1962 e ha saputo passare dal cliché del bel ragazzo a una scelta consapevole di temi più profondi e impegnati fino ad approdare a una apprezzata carriera da regista (che non ha intenzione di lasciare) che conta titoli importanti come Gente comune, Quiz Show, La leggenda di Bagger Vance e La regola del silenzio. Si poteva pensare quindi a un addio all’interpretazione un po’ diverso dal personaggio di un rapinatore gentile cui proprio non è possibile concepire un’esistenza normale e tranquilla. Perché in effetti Old Man & the Gun è un film leggero ed esile che non sembra avere i titoli per rimanere nella memoria.
Forrest Tucker (omonimo di un caratterista di Hollywood con molti western all’attivo) ha sempre rapinato banche. Ha una pistola, che mostra per far capire che fa sul serio ma che non userà mai. Ma soprattutto ha un’aria tranquilla e rispettabile che gli apre molte porte e un’eloquenza raffinata che di solito affascina le cassiere prima del colpo. E la sua copertura naturale lo porta spesso a confessare la propria attività senza essere minimamente creduto. Non gli crede neanche Jewel, la sua ultima conquista con la quale passerà i suoi ultimi anni. In fondo l’unico a credergli veramente è John Hunt, il poliziotto che l’ha individuato e che gli dà la caccia mantenendo costantemente un rapporto di rispetto reciproco. E Forrest entra ed esce dal carcere, ma non pensa mai veramente di cessare l’attività. Non va in pensione, insomma.
È evidente che, se Robert Redford ha scelto Old Man & the Gun per chiudere la carriera di attore, è perché ha intravisto la possibilità di trasformare le gesta di Tucker in una sorta di celebrazione di se stesso mediante una sottile ironia e il frequente ricorso a reminiscenze della propria esistenza artistica. Potremmo dire che Redford, come Tucker, non abbia alcuna intenzione di cedere il campo a qualcun altro. Potremmo anche dire che uno dei suoi personaggi più celebri è proprio un rapinatore di banche, il Sundance Kid di Butch Cassidy, tanto amato da indurlo a dare il suo nome al festival cinematografico che Redford ha fondato e diretto.
Potremmo dire che con un sussulto di autoironia l’attore ha voluto mantenere il ruolo di seduttore rivestito in tanti film, soprattutto commedie. Potremmo intravedere tracce de L’uomo che sussurrava ai cavalli, La stangata e Il cavaliere elettrico. Potremmo addirittura rilevare come le brevi scene con Redford giovane siano prese da La caccia di Arthur Penn, anno 1966.
Ce n’è abbastanza per avvalorare la tesi dell’autocelebrazione, anche se ci resta l’impressione che l’ironia prevalga sul narcisismo. Alla fine si ha l’impressione che nonostante la firma di David Lowery, Robert Redford ci abbia messo molto del suo per far capire che si trattava proprio del suo ultimo film da attore. E che, avendo capito le potenzialità in quel senso, non si sia preoccupato più di tanto se Old Man & the Gun, fuori dell’omaggio a un grande di Hollywood, non sia esattamente un film memorabile e più ancora non sia un film che Redford avrebbe accettato di interpretare in un qualsiasi altro momento della propria carriera. Secondo noi ha fatto la scelta giusta.
OLD MAN & THE GUN (The old man & the gun) di David Lowery. Con Robert Redford, Casey Affleck, Sissy Spacek, Danny Glover, Tom Waits. GB/USA 2018; Drammatico; Colore.