Moebius
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Come se, camminando per strada, ci ritrovassimo improvvisamente in un mondo alla rovescia senza percepire alcun passaggio. Se ne deduce quindi che «Moebius» sarà un film provocatorio, simbolico, durissimo al punto da ritrovarsi più volte a passare dal dramma al grottesco fortemente accentuato a toni apertamente surreali che potrebbero precipitare il tutto in una comicità sulla cui volontarietà non saremmo disposti a giurare. Il problema maggiore è proprio questo: vedendo il film, continuare a chiedersi se la deriva esistenziale di Kim Ki-Duk sia frutto di un’attenta riflessione o dell’estro del momento, ma soprattutto se non sia la conseguenza ultima di una profonda crisi che lo aveva portato a rinchiudersi in casa isolandosi dal resto del mondo a vivere da solo con i propri fantasmi. Non sappiamo se tutto questo si possa chiamare autoanalisi, ma sappiamo bene che tipo di frutti abbia portato: spazzati via d’un colpo poesia, alto senso del tragico e capacità trasfigurativa, a Kim sono rimasti visioni aberranti, simbolismo senza freni e un fatalismo che sembra l’anticamera dell’autodistruzione e che già cominciava ad affacciarsi nel precedente «Pietà».
Un padre, una madre e un figlio. Il nucleo familiare è sconvolto da una relazione extraconiugale dell’uomo che suscita nella moglie una reazione incontrollata. Prima tenta di evirare il marito, poi evira il figlio, quindi fugge da casa. Incapace di gestire una situazione oltre i limiti, l’uomo si fa asportare chirurgicamente il pene e (per così dire) lo mette a disposizione del figlio per un trapianto. Nel frattempo succede di tutto: una violenza sessuale, un’altra evirazione, la scoperta del dolore come fonte di piacere finché, a trapianto avvenuto, la madre si ripresenta a casa.
Qui tocca interrompere il racconto perché non sapremmo più trovare parole disseminate in un campo minato. È evidente che le aberrazioni rappresentate da Kim Ki-Duk rispondono a un’esigenza simbolica: un mondo senza amore, senza valori, addirittura senza parole (nessuno dei personaggi parla nel corso del film), nel quale ad esempio viene subito accantonata l’idea tradizionale di famiglia, nel quale il sesso sembra l’unica via per rendersi conto di essere vivi giusto un attimo prima che tutto venga inghiottito dalla morte. Diciamo che, sotto certi aspetti, i temi affrontati sono molto simili a quelli analizzati da Kubrick in «Eyes Wide Shut».