MILK
di FRANCESCO MININNI
Gus Van Sant divide la propria carriera di cineasta tra opere di sicura presa commerciale («Will Hunting genio ribelle», «Scoprendo Forrester») e altre concepite con evidenti intenti provocatori ma anche destinate a un pubblico più ristretto («Belli e dannati», «Elephant», «Paranoid Park»). Con «Milk» cerca di far convergere le due tendenze organizzando una provocazione che possa raggiungere il pubblico più vasto. Per far questo si serve della vicenda di Harvey Milk, che negli anni Settanta fu il primo gay dichiarato ad essere eletto in una carica pubblica (consigliere comunale a San Francisco). L’elezione di Milk cadde in un periodo particolarmente complesso, quando sulla spinta dell’omofobia della cantante Anita Bryant, si cercò di far passare in California la Proposition 6, che avrebbe portato all’allontanamento dalle scuole di tutti gli insegnanti omosessuali (in pratica, una replica della caccia alle streghe del senatore McCarthy). Con la sua capacità di coinvolgere l’opinione pubblica e di dirigere le masse, Milk riuscì a impedire che ciò avvenisse. La sua carriera, che avrebbe anche potuto portarlo lontano, fu stroncata dal consigliere Dan White, che nel 1978 uccise lui e il sindaco George Moscone.
Alla fine resta l’immagine di un paese che, pur essendo definito la più grande democrazia del mondo, è capace di terribili gesti d’intolleranza che potrebbero appartenere a un qualunque regime totalitario. Si condividano o meno le tendenze di «Milk», non è certo con gesti di violenza e di brutalità che siamo chiamati ad esprimere il nostro dissenso. In questo senso, sì, «Milk» è una lezione di democrazia: perché, a nostro modo di vedere, è una brutta cosa parlare di diritti umani e poi di diritti dei gay. Non c’è proprio nessuna differenza.
MILK (Id.) di Gus Van Sant. Con Sean Penn, James Franco, Josh Brolin, Victor Garber; Biografico; Colore