MAGNIFICA PRESENZA

DI FRANCESCO MININNI

Che Ferzan Ozpetek sia un ottimo narratore, capace di trarre grandi suggestioni da suoni, colori, ambienti e volti è una verità incontestabile. Così come lo è che spesso nei suoi film vi sia un serrato confronto tra passato e presente che porta all’ammonimento di non dimenticare mai il primo per trarne indicazioni per affrontare il secondo. Così come lo è, alla fine, che l’autore viva in una dimensione propria che spesso è al di sopra della realtà e che lo porta ad applicarla, si direbbe quasi disperatamente, a un reale da modellare nella direzione di un desiderato più che in quella di un vissuto. Diciamo che, più o meno come Almodovar, Ozpetek ama violentare una realtà che assomiglia poco a quella che lui vorrebbe. La conclusione è che, talvolta, questa realtà illusoria diventa invadente, aggressiva e persino pretestuosa, cambiando le carte in tavola e allungando oltre il consentito il brodo di un’idea che magari meritava miglior sorte. «Magnifica presenza» giunge a proposito per chiarire il concetto.

In una vecchia casa nel quartiere romano di Monteverde vecchio vivono, inconsapevoli di essere defunti, i fantasmi della compagnia teatrale Apollonio. È dal 1943 che gli spiriti irrequieti attendono qualcuno che dia loro notizie: se la guerra sia finita, se possano uscire liberamente, se l’amatissima primadonna Livia sia sopravvissuta. A quanto pare tocca a Pietro, pasticciere per forza e attore per desiderio, prendere contatto con loro e ricucire le fila di un passato il cui peso è diventato ormai insostenibile.

Diversamente da quanto si potrebbe pensare, la magnifica presenza del titolo non si riferisce ai fantasmi, ma proprio a Pietro che, superate paura e sorpresa, aiuterà i poveretti a prendere coscienza della propria condizione e a calcare per un’ultima volta le tavole del palcoscenico. È evidente che l’idea, per quanto intrigante, non è nuova: da una parte «Questi fantasmi» di Eduardo De Filippo, dall’altra «Fantasmi a Roma» di Antonio Pietrangeli, su tutti «Sei personaggi in cerca d’autore» di Luigi Pirandello. Le differenze sono molteplici: per Eduardo l’elemento surreale era una simbologia per evidenziare la cattiveria e la meschinità di un singolo, per Pietrangeli l’occasione di scherzare in una bellissima Roma notturna, per Pirandello diventava un gioco sottile tra teatro e realtà addentrandosi nella angosce dell’animo umano. Ozpetek, invece, inserisce un elemento che gli permette di raccontare la storia in prima persona e di trasformare Pietro in una sorta di strano io narrante. Soltanto così, infatti, può avere un senso che il personaggio sia presentato come un aspirante omosessuale circondato da personaggi (esclusi i fantasmi) che svariano da un trans malmenato da estranei ad altre trans costrette a confezionare cappelli da una sorta di schiavista (che, guarda caso, è Mauro Coruzzi, in arte Platinette) a un giovane sorridente che Pietro incontra dappertutto e persino a un fantasma androgino che sembra attratto da lui. È questa la realtà sopra il reale che incontriamo in quasi tutti i film di Ozpetek e che mai come questa volta sembra condurre il film verso una destinazione altra da quella che l’idea dei fantasmi degli attori poteva lasciar immaginare.

A un certo punto sembra addirittura che la tematica dei fantasmi sia studiata appositamente per fare spazio all’altra tematica del film, tanto che la necessità di concludere la vicenda con una piena chiarificazione degli avvenimenti passati sembra un di più che concretizza qualcosa che avrebbe tratto maggior giovamento dal rimanere nel vago. Che dire? Che ci sono problemi di ritmo, scenografie straordinarie, un bel contributo musicale della cantante turca Sezen Aksu e attori in parte. Ma Ozpetek può essere un narratore di favole o un analista della realtà. Non le due cose insieme.

MAGNIFICA PRESENZAdi Ferzan Ozpetek. Con Elio Germano, Margherita Buy, Giuseppe Fiorello, Vittoria Puccini, Cem Yilmaz, Anna Proclemer. ITALIA 2012; Commedia; Colore