Ma tu sei il mio angelo custode? «IO NON HO PAURA»

DI FRANCESCO MININNIGabriele Salvatores cambia tutto. L’amarezza, l’anarchia, il cinismo, la lunaticità, le trasgressioni che hanno caratterizzato il suo cinema si fanno da parte e, in «Io non ho paura», lasciano il posto a una storia vera narrata con stile essenziale, senza fronzoli, con il punto di vista giusto, ora con durezza ora con lirismo. Una sorpresa, insomma. Soprattutto per chi sospettava, magari con qualche fondamento, che Salvatores fosse in panne e che, abbandonato il reame della commedia personalizzata, da «Mediterraneo» in poi non riuscisse più a trovare una dimensione propria. Si potrà dire che gli sia stato propizio l’incontro con lo scrittore Niccolò Ammaniti, autore del romanzo da cui è tratto il film. Ma la realtà è che gli è stato propizio l’incontro con il mondo dell’infanzia.

Michele Amitrano, dieci anni, vive nell’entroterra pugliese. Un giorno, giocando con gli amici, scopre una buca coperta da una lamiera. Nella buca c’è il coetaneo Filippo, vittima di un rapimento e convinto di essere già morto. Poco importa che il padre di Michele sia coinvolto nel sequestro e che il luogo completamente isolato escluda l’intervento di aiuti dall’esterno: Michele farà la sua scelta.

Il punto di vista giusto è quello dei bambini: Salvatores ha avuto la buona idea di non spostare mai la macchina da presa da un metro e mezzo da terra, di modo che lo spettatore veda le cose come le vedono i bambini. Una sorta di soggettiva generazionale che, insieme all’azzeccatissima ambientazione in mezzo al grano, rappresenta il dato stilistico più saliente di un film che trasforma una storia qualunque (se ne leggono fin troppe sui giornali) in un reportage sul coraggio, l’innocenza e tutte quelle forze buone che fanno andare avanti il mondo. Così facendo, Salvatores sfodera una sensibilità che gli conoscevamo soltanto quando era in ballo l’amicizia tra uomini della sua generazione. E, per non essere da meno di tanti grandi del passato, inventa anche due protagonisti cui, come sempre in casi del genere, auguriamo di non diventare mai attori: Giuseppe Cristiano, un Michele prima attonito e poi sempre più consapevole della posta in gioco, e Mattia Di Pierro, un Filippo smarrito e innocente che con la sua sola presenza punta un indice accusatore contro ogni genere di indifferenza.

«Io non ho paura» farà soffrire soprattutto i genitori di ogni età e i ragazzi che abbiano almeno un fratello minore. Ma Salvatores non ha lavorato per questo, per tirare dalla sua parte il pubblico con astuzia. Ha lavorato per convincere quanti ancora credevano in lui di sapersi rinnovare e di poter raccontare una storia che, comunque la si metta, non potrà mai essere considerata «il solito film». IO NON HO PAURA di Gabriele Salvatores. Con G. Cristiano, M. Di Pierro, D.Abatantuono.