L’ufficiale e la spia
L’affaire Dreyfus, cui persino il pioniere Georges Méliès dedicò un film nel 1899 realizzando il primo film della storia del cinema ad aver subìto una censura politica, infiammò l’opinione pubblica francese alla fine del XIX secolo mettendo in campo valori assoluti come la giustizia, la ragion di Stato e l’onore dell’esercito (soprattutto delle sue alte sfere). Impossibile pensare che Roman Polanski sia tornato sull’argomento con L’ufficiale e la spia così, tanto per raccontare una storia. E, nel complesso, non è neanche difficile individuarne le ragioni: da una parte (che a noi sembra minoritaria) un riflesso della propria esperienza con la giustizia americana per il ben noto caso di violenza sessuale su una minorenne che, col passare degli anni, ha dato l’impressione di trasformarsi in accanimento ipocrita; dall’altra, ben più rilevante, i preoccupanti segnali di antisemitismo che da un po’ sono tornati a far mostra di sé in molti paesi del mondo.
Era ebreo Dreyfus, è ebreo Polanski: si tratta di materia comune. Eviteremo pertanto di sovrapporre la vicenda di Alfred Dreyfus a quella di Polanski perché non ci aiuterebbe affatto nella lettura del film, che è un ritorno dell’autore polacco a un cinema rigoroso, essenziale, addirittura scarno eppure storicamente documentato e mai divagante dalla realtà dei fatti. Poi, naturalmente, il caso Dreyfus non resta confinato nel passato, ma si proietta su un presente molto problematico. In fondo si tratta di uno scandalo basato su fake news e che l’opinione pubblica cerca come può di avallare. Roba di oggi.
Alfred Dreyfus, accusato di alto tradimento per aver trasmesso informazioni riservate a una potenza straniera, è processato e sommariamente condannato sulla base di prove che l’accusa definisce schiaccianti. Il suo istruttore militare, il colonnello Picquart, segue il caso e vi entra per la disamina di qualche documento. Poi, nominato capo della sezione di intelligence dell’esercito, ha modo di trovare prove (queste sì, schiaccianti) dell’innocenza di Dreyfus e fa il possibile per riaprire il caso trovando aperta ostilità nelle gerarchie dell’esercito. Anche quando si ottiene di istruire un nuovo processo, una serie di circostanze faranno sì che Dreyfus sia nuovamente condannato, anche se a una pena ridotta. Sarà riabilitato per intero solo nel 1906.
L’ufficiale e la spia (un titolo veramente banale rispetto all’originale J’accuse, che riprende il titolo della celebre invettiva di Emile Zola a favore dell’ufficiale) si basa sui verbali dei processi senza mai deviare dall’asse della verità storica. Ma Polanski, che non è un illustratore qualunque, usa alcune finezze narrative per chiarire alcuni punti e proiettare il suo film su tempi molto più vicini a noi. È molto chiaro, ad esempio, che il colonnello Picquart, interpretato con straordinaria misura da Jean Dujardin, non è un idealista e si batte per Dreyfus solo perché è convinto che sia innocente. Per sua stessa ammissione gli ebrei non gli piacciono. E quando, a cose fatte, Dreyfus si presenterà da lui, divenuto generale, per chiedere che gli anni di ingiusta prigionia gli valgano un grado più alto di quello che ha, risponderà che non è possibile per via di una legge che dovrebbe essere cambiata e che sicuramente non sarebbe votata. Non sembra che i loro rapporti si siano raffreddati semplicemente perché di rapporti, a ben guardare, non ne hanno mai avuti. Picquart ha agito in nome della giustizia, non del cameratismo o della simpatia personale. E, come in Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick, sarà lui ad avere una promozione.
Senza mai scadere nello scandalismo o nella Storia fatta dai pettegolezzi, Polanski compone un quadro molto credibile riuscendo addirittura ad astenersi da ogni eccesso, ogni divagazione, ogni sottolineatura grottesca. Adegua insomma il proprio stile alle necessità del racconto e realizza un film sostanzialmente nuovo rispetto ai parametri che conoscevamo. All’età di ottantasei anni, a quanto pare, non ha ancora finito di sperimentare.
L’UFFICIALE E LA SPIA (J’accuse) di Roman Polanski. Con Jean Dujardin, Louis Garrel, Emmanuelle Seigner, Grégory Gadebois, Francois Damiens. FRANCIA/ITALIA 2019; Storico; Colore.