L’importanza di chiamarsi Gandalf : «IL SIGNORE DEGLI ANELLI: LE DUE TORRI»

DI FRANCESCO MININNIPremesso che le nostre perplessità su un film a puntate, girato tutto insieme e distribuito in tre anni successivi, restano le stesse di un anno fa, bisogna dire che «Le due torri», secondo tassello de «Il Signore degli anelli» che Peter Jackson ha tratto dal capolavoro di Tolkien, è sicuramente più avvincente e ricco di azione de «La compagnia dell’anello». È anche di più: tra discese nelle tenebre e risalite nella luce, comincia a definire con rassicurante precisione il duello tra Bene e Male delineato dallo scrittore inglese, che non raccontò il viaggio di Frodo e compagni soltanto per esercizio di fantasy. Come Omero, come Shakespeare, anche Tolkien raccontò una storia che sicuramente era già accaduta e sicuramente sarebbe potuta accadere ancora: non a caso il conflitto tra Bene e Male è sempre definito eterno, volendo con questo significare che lo si ritrova, in forma e con modalità diverse, in tutte le epoche della storia umana. Ecco perché, prima di Shakespeare e prima di Omero, le radici de «Il Signore degli anelli» sono comunque da ricercarsi in quell’inesauribile fonte di conoscenza e d’ispirazione più conosciuta come Bibbia.

La compagnia dell’anello si è separata. Frodo e Sam, diretti verso l’oscura Mordor, incontrano Gollum, una creatura perennemente sofferente e alla spasmodica ricerca dell’anello. Aragorn, Legolas e Gimli, invece, marciano verso Roan, dove il Re Theoden, mal consigliato da Vermilinguo, ha perso la voglia di vivere. Quanto a Gandalf il Grigio, creduto morto perché trascinato nell’abisso dal mostro infuocato, si ripresenta come Gandalf il Bianco, con poteri assai superiori e ben deciso a chiudere la partita con Saruman e Sauron. Qualche alleato imprevisto, come Barbalbero con il suo esercito di Ent, servirà a ribadire l’importanza dell’unione di forze buone per sconfiggere il potere del male. Naturalmente, dopo la vittoria in extremis al Fosso di Helm, il viaggio continua…

Non parleremo ancora dell’eccellenza dell’ambientazione, sia negli ambienti naturali della Nuova Zelanda sia nella minuziosa ricostruzione di luoghi immaginati da Tolkien come il Fosso di Helm. Vale però la pena spendere qualche parola sulla battaglia di Helm e su Gollum. La prima, di circa quaranta minuti di durata, mette in campo tutte le risorse spettacolari di un cinema che, per quanto eccessivo, non dà mai l’impressione di essere superfluo. Il secondo, di gran lunga il personaggio più difficile da rendere, si dimostra una carta vincente, con i movimenti e le espressioni facciali dell’attore Andy Serkis trasformati in una creatura digitale. Per quanto privo di misura e un po’ a disagio nel gestire le pause del racconto, Peter Jackson ha uno stile. Soprattutto, non presume di essere più bravo di Tolkien e ne rispetta con maniacale precisione personaggi e vicende. E quando si prende qualche libertà, ottiene strani effetti. Buffi, come Legolas che scaglia le sue frecce scendendo le scale in equilibrio su uno scudo usato come uno snowboard. Decisamente anomali, ma tutt’altro che fuori tema, come il risveglio del Re Theoden operato da Gandalf come una sorta di esorcismo.

Peccato che, per sapere se anche nella difficile conclusione del viaggio Jackson avrà saputo mantenersi in linea con quanto immaginato da Tolkien, dovremo attendere ancora un anno.

IL SIGNORE DEGLI ANELLI: LE DUE TORRI (The Lord of the Rings: the Two Towers) di Peter Jackson. Con Ian McKellen, Elijah Wood, Christopher Lee, Viggo Mortensen.

Il sito italiano del film