LEZIONI DI CIOCCOLATO

DI FRANCESCO MININNI

Tanto per chiarire subito il concetto, non ci stiamo accingendo a parlare di un film che cambia la vita di qualcuno, o di un capolavoro, o di un’opera di rilevanza mondiale. Stiamo per parlare di una commedia italiana, «Lezioni di cioccolato» di Claudio Cupellini, che in tempi di volgarità galoppante, di demenzialità che scivola nell’idiozia, di blockbuster della comicità che fanno venir voglia di andarsene prima della fine, ci fa capire come certe volte, senza proclami né ambizioni, basti un po’ di leggerezza per fare la differenza. Fabio Bonifacci e Christian Poli, autori del soggetto e della sceneggiatura, non hanno certo rinunciato a pennellate contemporanee (il razzismo, l’egoismo, l’azzeramento della coscienza, la sfrenata tendenza ad avere piuttosto che ad essere) per far sì che la storia non possa essere scambiata per un omaggio demodé. Ma, contemporaneamente, per non trasformare «Lezioni di cioccolato» in una noiosa requisitoria contro un certo malessere di vivere, hanno anche attinto a piene mani dal più classico dei repertori: la commedia degli equivoci che, se usata con un minimo di gusto e dosaggio, si rivela sempre un meccanismo comico infallibile. Il risultato è imprevedibilmente piacevole e minimamente sorprendente: piacevole perché consente di passare un’ora e mezza di divertimento a tratti ragionato, sorprendente perché si ripropone di farlo senza fare ricorso a volgarità gratuite nei dialoghi e nelle situazioni. Sarà fuori moda, ma ce la fa.

Mattia si occupa di edilizia senza tener conto del rispetto per il prossimo e delle elementari norme di sicurezza. Il giorno in cui l’egiziano Kamal cade da un tetto in costruzione riportando fratture multiple, Mattia è costretto, per evitare la denuncia, a fare un patto. Frequenterà un corso di cioccolato facendosi passare per Kamal e ottenendo il diploma che permetterà all’egiziano di svolgere la sua attività di pasticcere anche in Italia. È ovvio che, facendo ciò, Mattia non potrà naturalmente trascurare la propria attività edilizia. Ed è quindi ovvio che comincerà a capire cosa possa realmente significare stancarsi lavorando. Siccome, grazie a Cecilia Ferri, entrerà di mezzo anche l’amore, finirà per capire molte, molte cose.

Lo ripetiamo: il maggior merito di «Lezioni di cioccolato» sta nella leggerezza di tono con cui affronta anche le situazioni più complesse. Il che non equivale a prenderle sottogamba, ma semplicemente a non travestirsi da analista sociale quando il suo principale obiettivo resta quello del semplice divertimento. Alla sostanziale riuscita dell’operazione contribuiscono, oltre a Cupellini, Bonifacci e Poli, anche gli attori. Luca Argentero che, nonostante debba ancora controllare l’espressività, sembra sulla buona strada. Violante Placido, apparentemente la meno portata per la semplice commedia ma capace comunque di stare al gioco fino in fondo. E soprattutto i caratteristi: Neri Marcorè, maestro pasticcere, Ivano Marescotti, medico e luminare, e soprattutto Hassani Shapi, divertentissimo egiziano (quindi extracomunitario) con il coltello dalla parte del manico. Si ha complessivamente l’impressione di un giocattolo dal buon funzionamento, ma anche con qualche meccanismo un tantino più complesso della risata fine a se stessa. A cominciare dall’ambientazione, Perugia, solitamente poco sfruttata dal cinema ma qui necessaria anche per un’operazione trasversalmente pubblicitaria, per finire a tematiche più importanti della commedia degli equivoci, dalla sensibilità nei confronti del problema dell’accoglienza alla semplice constatazione che talvolta certe esperienze provocano nelle persone positivi cambiamenti. Tutte cose che agli autori di «Matrimonio alle Bahamas» sembreranno sicuramente lontane dal mondo della commedia se non addirittura fantascientifiche.

LEZIONI DI CIOCCOLATO di Claudio Cupellini. Con Luca Argentero, Violante Placido, Neri Marcorè, Hassani Shapi, Ivano Marescotti. ITALIA 2007; Commedia; Colore