LA ZONA
DI FRANCESCO MININNI
Se La zona, film di produzione ispanico-messicana diretto dall’uruguagio Rodrigo Plà, non è un thriller claustrofobico con appendici fantascientifiche, ma semplicemente la rappresentazione fortemente simbolica di uno stato di fatto, c’è veramente da chiedersi che senso possa avere la parola “progresso”, quali siano le effettive crescite della nostra umanità e soprattutto in quale direzione stiamo andando. Senza cercare rassicurazioni del tipo «è un problema della realtà latinoamericana»: La zona ci riguarda tutti molto da vicino.
La Zona è un quartiere benestante nel centro di Città del Messico, separato dalle favelas da un’altissima recinzione, guardato a vista da vigilantes e da un perfetto sistema di videocontrollo, molto ben visto dalle autorità (adeguatamente retribuite) e con tutta una serie di benefici (un vero e proprio statuto) che decadrebbero soltanto nel caso in cui all’interno del complesso si verificasse un fatto di sangue. Che è ciò che accade la notte in cui a causa di un temporale un grosso cartellone pubblicitario si abbatte sul muro di cinta aprendo un varco. Tre abitanti del quartiere povero entrano con l’intenzione di rubare. Poi una donna muore, due di loro sono uccisi dagli abitanti della Zona e anche una guardia è uccisa per sbaglio da un residente spaventato. Naturalmente la cosiddetta «assemblea», nella più sinistra delle riunioni di condominio, decide due cose: che tutto debba essere messo a tacere e che il ladro superstite, che a quanto pare si trova ancora nel perimetro della Zona, sia individuato, catturato ed eliminato. Poco importa che qualcuno non sia d’accordo: la maggioranza vince. È un film veramente inquietante, questo di Plà. Soprattutto nel momento in cui, evocando alcuni classici di genere come L’invasione degli ultracorpi e La notte dei morti viventi, ci fa capire che non solo stiamo assistendo a qualcosa di assolutamente reale, ma anche che rispetto ai titoli citati la prospettiva si è praticamente rovesciata: i mostri sono le persone normali. Plà mostra doti di narratore molto interessanti per un esordiente, riuscendo a creare tensione, a mantenerla, a saper gestire adeguatamente la macchina da presa e le telecamere del circuito interno, a ottenere ottime prove d’attore da quasi tutti i protagonisti e, naturalmente, a far capire esattamente quale sia il significato ultimo del suo racconto. Mentre i ricordi cinematografici sbiadiscono per lasciare il posto a un senso di attualissima angoscia (esistenziale, sociale, umana), si capisce che La zona non è una generica requisitoria su solidarietà, classi sociali, ingiustizia sociale e malefatte del potere, ma un durissimo atto d’accusa contro un mondo che, capace soltanto di egoismo invece che d’amore, si rivela disposto a tutto pur di non perdere quelli che ritiene i propri privilegi acquisiti. E’ naturale che, in questo furore simbolico, Plà perda qualche punto di riferimento. Ad esempio, appare del tutto irrisolta la figura del poliziotto intenzionato ad arrivare in fondo alla questione e poi troppo facilmente convinto dai superiori a lasciar perdere. D’altronde, il giovane Alejandro che finisce per solidarizzare con il fuggitivo Miguel è un personaggio centrato e capace di suscitare importanti interrogativi. Se è vero che, dopo tanti dubbi e angosce, l’unica certezza che gli rimane è quella di far dare dignitosa sepoltura a un ragazzo che né la madre né la fidanzata né altri andranno più a ricercare, sarebbe il momento di guardarci allo specchio e chiederci da che parte stiamo.
LA ZONA (Id.) di Rodrigo Plà. Con Daniel Giménez Cacho, Maribel Verdù, Carlos Bardem, Daniel Tovar, Marina De Tavira, Alan Chavez. SPAGNA/MESSICO 2007; Drammatico; Colore