LA SORGENTE DELL’AMORE

DI FRANCESCO MININNI

L’eclettico Radu Mihaileanu, capace di passare dal dramma alla commedia tenendo come comune denominatore soltanto una cifra vagamente surreale e gli interessi etnici, musicali e coloristici che da sempre lo contraddistinguono. Il suo eclettismo, però, è un’arma a doppio taglio. Evitando accuratamente una solida unità di percorso e svariando dall’Europa dell’Est all’Africa per raccontare storie che, con qualche variazione, potrebbero essere raccontate in luoghi diversi, l’autore dà l’impressione di essere convinto che le proprie riflessioni sul genere umano andranno a buon fine ovunque e comunque. «La sorgente dell’amore» dimostra che ciò non corrisponde a verità.

Le donne di un imprecisato luogo nella penisola del Magreb, stanche di tirare la carretta mentre gli uomini, in assenza di lavoro, perdono tempo giocando a carte o ragionando del profeta, indicono lo sciopero dell’amore. Il che significa che, fintanto che gli uomini non collaboreranno attivamente ai lavori pesanti del villaggio, nella fattispecie il trasporto dell’acqua da una sorgente sul monte soprastante, non avranno più diritto alle gioie del sesso. È evidente come ciò sia in aperto contrasto con le parole del profeta. Ma l’intraprendente Leila saprà controbattere le argomentazioni dell’imam e, dopo un confronto pubblico durante una festa, otterrà quanto richiesto: il governo costruirà un acquedotto e i talami nuziali rivivranno.

Se la vicenda dello sciopero dell’amore non vi giunge nuova, andate a cercare, sull’enciclopedia o su Internet, «Lisistrata» di Aristofane e avrete una risposta. Il testo risale al 400 avanti Cristo. Se poi vi accontentate di riletture più recenti, Garinei e Giovannini ne trassero nel 1958 una commedia musicale intitolata «Un trapezio per Lisistrata» o «Mai di sabato signora Lisistrata». La commedia prevedeva che le donne ateniesi indicessero lo sciopero dell’amore per indurre i mariti, nobili guerrieri, a chiudere la guerra del Peloponneso con un trattato di pace.

Pare evidente che una storia paradossale come questa, se applicata all’Islam, assume i connotati dell’irrealtà, tanto che lo stesso Mihaileanu tiene a precisare, prima dell’inizio del film, che si tratta di una favola. E qui veniamo alle difficoltà autentiche, perché così come è raccontato «La sorgente dell’amore» può essere molte cose, ma certamente non una favola. L’ansia etnica di Mihaileanu, i dettagli paesaggistici, la ricerca di suoni e colori che mostrino come sia proprio impossibile pensare di trovarsi in un altrove, trasformano il film in un reportage più folkloristico che sociale e politico su una situazione dove uno sciopero dell’amore potrebbe condurre forse a una dura repressione, forse a un allontanamento in blocco delle mogli ribelli, ma certo non a una soluzione conciliante e sorridente come quella ipotizzata dall’autore. Per essere chiari, i toni grotteschi e surreali che hanno fatto la fortuna di «Train de vie» e de «Il concerto» non possono essere applicati a cuor leggero a qualunque realtà etnica, storica, antropologica di questo mondo, soprattutto se si rivela così evidente la parentela con un testo di ventiquattro secoli fa che fece dell’esasperazione grottesca (non del realismo) la propria forza motrice. Alla fine ne escono bene soltanto alcune protagoniste già apprezzate altrove: Leila Bekhti («Il profeta»), Hafsia Herzi («Cous Cous»), Hiam Abbass («L’ospite inatteso», «Il giardino di limoni»). Non un regista che, pretendendo di trasformare un dura realtà in una favola idilliaca, è andato contro un guerriero difficilissimo da abbattere: la verità di un luogo che, diversamente da altri, mal sopporta di essere manipolato a fini umanitari. Nel Magreb, forse, anche Frank Capra avrebbe avuto vita dura. Figuriamoci Mihaileanu.

LA SORGENTE DELL’AMORE(La source des femmes) di Radu Mihaileanu.Con Leila Bekhti, Hafsia Herzi, Blyouna, Sabrina Ouazani, Saleh Bakri, Hiam Abbass. F/B/I 2011; Commedia; Colore