«LA SCONOSCIUTA»

di Francesco MininniHa aspettato quasi sei anni Giuseppe Tornatore per riaffacciarsi alla ribalta internazionale. Dopo la carnalissima Sicilia di «Malena», che ribadiva la sua sostanziale appartenenza a un cinema mediterraneo confermata da inequivocabili origini isolane, la scelta per «La sconosciuta» è caduta su Trieste. Ma non una Trieste da cartolina, in qualche modo riconoscibile. Ci troviamo di fronte a una città enigmatica, non catalogabile, sfuggente: l’unica cosa certa è che si trova al Nord. Insomma, come era accaduto in «Una pura formalità», Tornatore fa il possibile per allontanarsi da luoghi ed atmosfere che (forse solo a suo modo di vedere) lo renderebbero in qualche modo etichettabile: quello della Sicilia, quello delle strade assolate, quello degli amori romantici. E, per essere sicuro di non cadere in tentazione, l’autore sceglie un argomento e una rappresentazione che privilegiano i lati oscuri rispetto a quelli luminosi. Un po’ noir, un po’ giallo della memoria, un po’ sinfonia di forti sentimenti: su tutto il melodramma.Irena, ucraina, cerca lavoro. Ma non un lavoro qualunque: proprio in quel quartiere, in quella strada, in quel palazzo. Con ogni mezzo possibile, riuscirà ad ottenerlo e sarà la domestica in casa di un’orafa artigiana. Ma non è l’oro il suo obiettivo: Tea, la figlia dei padroni di casa, è in realtà figlia sua. Irena ha alle spalle una lunga vicenda di prostituzione dalla quale è uscita uccidendo il protettore e scappando con la cassa. Il suo unico desiderio è poter stare accanto alla figlia. Ma un passato così burrascoso non si seppellisce e via: qualcuno tornerà a bussare alla sua porta…

Bisogna dire che il tratto più riconoscibile dello stile di Tornatore sta nella direzione degli attori. Con l’eccezione di Pierfrancesco Favino, il più sacrificato, e Margherita Buy, in disparte, ne «La sconosciuta» assistiamo a belle prove di recitazione. Da Xenia Rappoport, attrice russa di teatro capace di espressioni molto intense, a Michele Placido, luciferino e laido nel ruolo del protettore, da Alessandro Haber, più misurato del solito nei panni del portiere, a Claudia Gerini, capace di controllare con bravura pericolosi picchi di emotività. Peccato che il film, nel suo rifuggire da attualità sociale e metafore esistenziali, si concentri unicamente sui sentimenti, quindi sulle molte sfaccettature emotive della vicenda disinteressandosi di ogni possibile aggiornamento.

Ne viene fuori un melodramma a tinte forti che, in virtù di alcuni luoghi comuni del genere «ricerca di un figlio», «pronta a tutto anche ad uccidere», «passato che bussa alla porta», «cattivo a tutto tondo», «peccato e redenzione», finisce per assomigliare pericolosamente ai drammoni di Matarazzo «Catene», «Tormento» e «I figli di nessuno». È il rischio cui va regolarmente incontro un cineasta che sa raccontare, ma trova molto difficile darsi una misura. «La sconosciuta» ha un’ambientazione contemporanea nella quale si muovono personaggi che potrebbero essere collocati, così come sono, all’epoca del cinema muto o nell’Italia degli anni Cinquanta. Tornatore, magari spendendo meno, può dare molto di più.

LA SCONOSCIUTA di Giuseppe Tornatore. Con Xenia Rappoport, Michele Placido, Claudia Gerini, Alessandro Haber. ITALIA 2006; Drammatico; Colore