«LA GUERRA DEI MONDI»

Conoscevamo la fantascienza di Spielberg come messaggio di pace («Incontri ravvicinati del terzo tipo») e come favola senza tempo per bambini di tutte le età («E.T.»). Animato da ottimismo, l’autore era riuscito a trasformare il fatalismo di Philip K. Dick nella storia a lieto fine di «Minority Report». Si era arreso soltanto al pessimismo cosmico di Kubrick rispettando la sua gelida visione di un futuro senza uomini sostituiti da androidi in «A.I.». «La guerra dei mondi» non è così. I suoi extraterrestri sono impersonali, malvagi e votati alla distruzione. E il punto è che, nonostante la fedeltà al romanzo di H.G. Wells già tradotto in film da Byron Haskin nel 1953, non sono neanche extraterrestri. Si respira in tutto il film un’atmosfera di pericolo incombente senza che nessuno riesca a capire le motivazioni degli aggressori né la loro provenienza. Di più: le macchine di morte non vengono da fuori, ma dal sottosuolo dove erano state seppellite forse prima dell’avvento dell’uomo. Il crollo dei palazzi sparge una polvere che imbianca i capelli e le vesti dei superstiti.

Insomma, Spielberg trasforma in guerra dei mondi la paura del popolo americano dopo l’11 settembre 2001. Peccato che la bambina terrorizzata chieda al padre: «Ma sono terroristi?», esplicitando un concetto già chiarissimo a tutti. E peccato anche che Spielberg, maestro di immagini e di storie di questo e di altri mondi, abbia voluto ricorrere per il ruolo del protagonista a Tom Cruise. «La guerra dei mondi», con scelta coraggiosa e condivisibile, è stato trasformato da Spielberg in un film corale, privo di individualità, attraversato da gente comune: praticamente un film di comparse. In questo contesto è difficile non riconoscere Tom Cruise. E, una volta riconosciuto, è impossibile scambiarlo per una persona comune.L’attacco è subitaneo: i giganteschi tripodi distruggono, uccidono e mangiano le vittime succhiando loro il sangue. Protetti da scudi impenetrabili, sembrano invincibili. Ma, privi del sistema immunitario maturato dall’uomo in secoli di esistenza, saranno annientati dai microrganismi ingeriti insieme al sangue umano.

Nonostante l’apparenza catastrofica, gli effetti speciali non diventano il punto focale del racconto. Il treno in fiamme lanciato a folle velocità, il traghetto risucchiato dal gorgo, la foresta nella quale piovono dal cielo i vestiti delle vittime sono immagini indimenticabili. E «La guerra dei mondi» è un film di immagini più che di dialoghi, nel quale si dà molta importanza all’uomo e ai particolari: i vetri rotti come barriera tra l’occhio e l’oggetto dello sguardo, la difficoltà di comunicazione tra la gente (o per il fragore della distruzione o semplicemente perché non si capiscono), lo stretto confronto tra lo sguardo umano e quello alieno come rappresentazione della minaccia e della paura. Finché non paga pedaggio al genere cui comunque appartiene, «La guerra dei mondi» è una bella rappresentazione di un momento che stiamo attraversando e che non lascia intravedere immediati sbocchi positivi. Salvo quello contenuto nelle parole di Wells che già chiudevano il film di Haskin: «Nessun uomo è mai vissuto o morto invano».

LA GUERRA DEI MONDI (War of the Worlds) di Steven Spielberg. Con Tom Cruise, Dakota Fanning, Tim Robbins. USA 2005; Fantastico; Colore