LA DONNA CHE CANTA

DI FRANCESCO MININNI

C’è un solo modo per capire che «La donna che canta» del canadese Denis Villeneuve prende le mosse da un’opera teatrale, di Wajdi Mouawad: è storia recente, ma sembra a tutti gli effetti una tragedia greca. Ci sono complessi (quanto complessi…) legami familiari, un torbido passato da portare a galla, guerre fratricide, una raggelante agnizione finale e una disperata ricerca della verità, capace in ugual misura di ricomporre le parti o di far esplodere una strage senza fine.

La differenza fondamentale che allontana Mouawad dai tragici greci è proprio la ricerca di una ragione per tutto che, alla fine, sfocia nel perdono. Diciamolo subito: «La donna che canta» è, senza riserve, un grande film. A dispetto dell’oscurità degli argomenti trattati, non mette in campo né odio né desiderio di vendetta né (cosa tanto più difficile) tentazioni di giudizio o indici puntati. Cerca invece di approfondire e, procedendo nel racconto, di capire e far capire. Quanto possano cambiare mentalità e comportamenti a seconda del luogo di crescita e del sistema educativo, quanto possa essere difficile dimenticare un atto d’amore o di odio, quanto sia grande e totalizzante il sentimento dell’amore materno, quanto sia importante non chiudere gli occhi se si vuole avere una speranza di capire. Se vi sembra poco… Il tutto narrato, quasi miracolosamente, in perfetto equilibrio tra dramma e cronaca, senza alcun cedimento, senza forzature, senza concessioni a immagini forti che pure potevano reclamare diritto di cittadinanza: perché il minimo adeguamento alle regole dello spettacolo avrebbe diminuito la forza del film e, più ancora, quella del messaggio. Così com’è, invece, «La donna che canta» potrebbe essere un capolavoro.

La morte di Nawal, sessantenne libanese residente in Canada, costringe i figli gemelli Simon e Jeanne a un doloroso viaggio nel passato. Il testamento della madre, che liquida in due righe i lasciti materiali, contiene due lettere che i giovani dovranno consegnare personalmente una al padre e una al fratello. Considerando che per Simon e Jeanne il padre è morto e il fratello non esiste, il viaggio in Libano sarà qualcosa di più di una semplice ricerca. Sarà la tripla scoperta di due legami familiari che ignoravano e di una madre di cui si renderanno conto che sapevano ben poco.

La forza de «La donna che canta», al di là di uno stile secco ed essenziale, mai melodrammatico o sopra le righe, quasi cronachistico nella sua semplicità diretta, sta nel desiderio che lo muove e cui Villeneuve non viene meno neanche per un attimo: indagare serenamente, senza preconcetti, sulle radici dell’odio e dell’amore e su quanto il secondo possa di gran lunga vincere il primo. Non ci è facile approfondire le tematiche del film senza rivelare ciò che invece lo spettatore dovrà scoprire da solo proprio come Simon e Jeanne. Di certo la verità ultima è un gancio nello stomaco di potenza tale da lasciare senza fiato.

Ma proprio nel momento in cui la verità potrebbe scatenare la violenza, la forza dell’amore, fors’anche del perdono, fa sì che tutto si riconduca a termini più umani. Ognuno dovrà convivere con i propri fantasmi, con i propri sensi di colpa, con i propri rimpianti. Ma noi sapremo che quanto è accaduto non è riconducibile a un generico «persone buone» e «persone cattive»: ci sono le condizioni sociali, c’è la cultura dell’odio, c’è una terra costantemente spazzata dai venti di guerra. E c’è, soprattutto, una volontà riconciliatrice che ci fa capire, più esattamente di tanti discorsi, cosa possa voler dire che la pace nel mondo non passa attraverso i trattati e le firme, ma prima di tutto attraverso i cuori della gente.

Non foss’altro che per questo, «La donna che canta» merita una segnalazione che va ben oltre l’idea di un bel film. Qui parliamo di giustizia, di ferite da curare più con l’amore che con l’alcool, della necessità di recuperare il proprio passato per garantirsi un presente e un futuro. Ci spiace non poter dire di più: chi non ha ancora visto il film non ce lo perdonerebbe.

LA DONNA CHE CANTA(Incendies) di Denis Villeneuve.Con Lubna Azabal, Melissa Desormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Rémy Girard. CANADA 2010; Drammatico; Colore