La difficile ricerca della verità: «AMEN.»

DI FRANCESCO MININNICosta-Gavras sa bene che non sempre è facile dire la verità. Talvolta per reticenza, talvolta per diplomazia, talvolta perchè il materiale che le fonti storiche mettono a disposizione è incompleto, talvolta per una sorta di preconcetto suscitato da un’opinione personale. Il suo «Amen.», con quel punto che sta a significare «e basta», svela fin dal titolo (per non parlare del manifesto di Oliviero Toscani che accomuna la croce e la svastica) un intento polemico più che rigorosamente storico.

Tratto dal dramma «Il vicario» di Rolf Hochhuth, il film parla dell’olocausto, di chi non sapeva e di chi, sapendo, non fece niente per fermarlo. La formazione rigorosamente laica dell’autore lo porta a una evidente contraddizione logica: mentre si ammette che il popolo tedesco e persino un ufficiale delle SS, Gerstein, potessero essere all’oscuro dell’eccidio degli ebrei, si dà per scontato che Pio XII sapesse tutto e che, per timore o per diplomazia, non intervenisse per fermare Hitler. Eppure, nello stesso film, è presente l’affermazione «il Papa è protetto», posta in modo che sia evidente come la parola «protetto» significhi in realtà «non informato», a ribadire una realtà che è sempre stata e sempre sarà: non è detto che un Papa, chiunque sia, sappia tutto, ma è più facile che sappia ciò che i suoi collaboratori più stretti (ovvero quelli che, a conti fatti, detengono il potere materiale) gli fanno conoscere.

Detto questo, si devono riconoscere ad «Amen.», pur nell’affrontare un tema ormai già affrontato da tutti, una mezz’ora iniziale dolorosa e vibrante nel miglior stile del regista di «Z – L’orgia del potere» e una bella progressione drammatica, compromessa però dalla certezza di aver capito tutto della storia. Si noterà, infatti, l’enorme differenza tra i personaggi autenticamente storici come l’ufficiale Gerstein (ottimamente interpretato da Ulrich Tukur) e quelli inventati come Riccardo Fontana (Mathieu Kassovitz), che dovrebbe rappresentare la cattiva coscienza della Chiesa e finisce invece per sottrarre vigore al dramma vissuto spostando l’asse del racconto sul melodramma a effetto. Che è, in realtà, un difetto rivelatosi in Costa-Gavras da quando ha lasciato l’Europa per l’America, ad esempio in film come «Betrayed» e «Music Box». Ma un conto è virare verso il melodramma quando i capitali sono americani e non tutte le verità possono essere dette, un conto è farlo quando i capitali sono europei (francesi, nel caso specifico) e la libertà d’azione praticamente illimitata. L’impressione è che nel realizzare «Amen.» Costa-Gavras sia partito dalla fine, cioè dalla distribuzione delle colpe, invece di procedere serenamente alla ricerca di un perchè. Che è tipico del polemista, non dello storico.

AMEN. (Id.) di Costa-Gavras. Con Ulrich Tukur, Mathieu Kassovitz, Ulrich Muhe, Michel Duchaussoy. FRANCIA 2002; Drammatico; Colore