Io sono Tempesta
Dovessimo indicare con una parola sola di che cosa parli esattamente Io sono Tempesta di Daniele Luchetti avremmo una certa difficoltà. Teoricamente parla di attualità sociale e politica in forma critica. Alla prova dei fatti, però, la critica si stempera nel buonismo e la crisi e le maniere di uscirne o meno diventano elementi di una favola che mantiene davvero pochissimi contatti con la realtà. Quello che avrebbe dovuto essere un dramma simbolico si trasforma in una commedia grottesca e ogni possibile tragedia si riconduce a una storia a lieto fine alla quale è veramente difficile credere.
Il personaggio principale Numa Tempesta, ad esempio, lancia segnali che dovrebbero farlo identificare con un elemento di spicco della scena politica italiana: è uno speculatore specializzato nel fare soldi, ha l’ambizioso progetto di costruire una nuova città (forse due) in Kazakistan, è condannato per frode fiscale a un anno di servizi sociali in un centro di accoglienza dei poveri (che cercherà di sfruttare per i propri interessi).
Si dirà: è Berlusconi. E invece non lo è, svicola continuamente dall’identificazione diretta e si nasconde in viuzze collaterali che lo portano a diventare un personaggio che in fin dei conti non esiste proprio. Specula, imbroglia, sparge cinismo a piene mani, si approfitta degli altri, ma alla fine non cerca altro che la riconciliazione col padre in una cella del carcere. E i poveri imparano presto il mestiere: prima le regole basilari della speculazione economica (far fallire uno per guadagnare tutti), poi la gestione di una sala Bingo piovuta dal cielo e di conseguenza la riconquista di un posto al sole.
Quanto alle escort, ci sono anche loro: disponibili, carine, piene d’iniziativa e misteriosamente tutte laureate in psicologia. Quella che sulla carta poteva essere una rilettura contemporanea di Miracolo a Milano con la partecipazione di Wall Street, diventa così una via di mezzo tra Biancaneve e i sette nani e Cenerentola. Se un film così venisse da un abituale frequentatore della commedia natalizia, potremmo considerarlo un tentativo non riuscito di salire di livello. Ma se viene dal regista de Il portaborse, La scuola e Mio fratello è figlio unico, si può pensare soltanto a una resa senza condizioni alle leggi di mercato.
Numa Tempesta, finanziere, sta per avviare un progetto in Kazakistan. Ma gli avvocati gli comunicano che è stato condannato per frode fiscale e che, evitato il carcere, dovrà prestare un anno di servizi sociali presso un centro accoglienza poveri. Non riuscendo in alcun modo a svicolare dalla nuova responsabilità, entra in sintonia con gli assistiti e insegna loro i rudimenti del capitalismo. I poveri, pian piano arricchiti, supereranno il maestro. La responsabile del centro assistenza rivelerà frustrazioni e contraddizioni. E Numa, finalmente recluso, ritroverà il padre in cella riallacciando un rapporto perduto.
È evidente che le premesse del film potevano far immaginare sviluppi completamente diversi. Invece un po’ il ricorso a soluzioni di comodo, un po’ una sceneggiatura frettolosa che dimentica le cose giusta e ricorda quelle sbagliate, un po’ una visione parziale che trasforma troppi personaggi in macchiette dove sarebbe stata necessaria una diversa profondità, portano Io sono Tempesta verso una direzione piuttosto fuorviante.
Né è indenne da responsabilità l’interpretazione dei protagonisti: Marco Giallini tende alla simpatia anche quando avrebbe giovato un po’ di cattiveria, mentre Elio Germano si fa schermo del povero di fresca nomina che continua a pensare a se stesso come a qualcuno che ce la farà fregando qualcun altro. Non si sbaglia dicendo che la figura migliore la fa Francesco Gheghi, un ragazzino quindicenne che alla fine è l’unico ad emanare una certa aura di verità.
Dovessimo valutare le intenzioni, Io sono Tempesta avrebbe un suo perché. Ma siccome contano i risultati, il film di Luchetti è sicuramente un’occasione perduta.
IO SONO TEMPESTA di Daniele Luchetti. Con Marco Giallini, Elio Germano, Eleonora Danco, Jo Sung, Francesco Gheghi, Carlo Bigini. ITALIA 2018; Commedia; Colore.