IO SONO CON TE

DI FRANCESCO MININNI

Umano, troppo umano il punto di vista di Guido Chiesa nell’affrontare in «Io sono con te», la storia della maternità di Maria di Nazareth e dei primi dodici anni di vita di suo figlio Gesù. Umano al punto di trasformare il miracolo dell’unica creatura umana non sottomessa al vincolo del peccato originale e, se vi par poco, del figlio di Dio fatto uomo, nella teoria di una sorta di rivoluzione sociale legata a un progetto educativo e pedagogico del tutto controcorrente rispetto ai dettami della società dell’epoca.

Ora, ridurre il ruolo di Maria a quello di una pedagoga ribelle equivale più o meno a ridurre il ruolo di Napoleone a quello di un cognac. Se è vero, infatti, che la fonte primaria di ispirazione di Chiesa è stato il Vangelo di Luca, l’unico che lancia uno sguardo su quei primi anni trascurati dagli altri sinottici, è anche vero che per evitare, come dice il regista, «il solito presepe», sono stati programmaticamente eliminati tutti i possibili riferimenti alla divinità. Non ci sono annunciazione, immacolata concezione, stella cometa. I Re Magi diventano una cricca di ingenui che sottopongono i bambini al gioco della stella e del cerchio per capire quale sia il più precoce e che, in fondo, si stupiscono soltanto del fatto che Gesù continui a camminare in tondo sul bordo del pozzo senza cascarci dentro. Giuseppe, vedovo con figli come negli Apocrifi, è sostanzialmente un debole che accetta con qualche rimostranza le innovazioni volute da Maria ed è continuamente ripreso dal fratello Mardocheo (invenzione di Chiesa) per il mancato rispetto delle leggi dei padri.

Maria, invece, è l’immagine della forza: sempre sorridente, apparentemente piccola e sperduta, in realtà sostenuta da un’energia incrollabile, partorisce da sola e poi cresce suo figlio nell’amore ignorando le leggi ebraiche. Più o meno come la cugina Elisabetta: secondo Chiesa, infatti, né Giovanni Battista né Gesù furono circoncisi per una precisa scelta delle madri (e soprattutto di Maria, che convinse anche la cugina). È proprio questo episodio a darci la chiave di lettura del film. Cominciamo col dire che il Vangelo di Luca dice, a proposito di Giovanni, «Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino…» e a proposito di Gesù «Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo».

Ricordiamo anche incidentalmente che Pier Paolo Pasolini, che non era certo un baciapile, nell’affrontare «Il Vangelo secondo Matteo» non toccò neanche una virgola del testo. E concludiamo che Guido Chiesa non ha voluto né presepe né autentica spiritualità, ma si è limitato a lanciare un chiaro messaggio politico trasformando Maria in una sorta di pasionaria capace di trasgredire regole ataviche in nome di nient’altro che della propria intima convinzione. Così, per sfuggire alle trappole dell’agiografia, Chiesa è caduto in un qualunquismo religioso che tralascia i riferimenti «verticali» e, forse, scambia Maria di Nazareth per Maria Montessori. Al di là della rappresentazione del patrimonio culturale ebraico come una sorta di barbarie da combattere, che sarebbe già di per sé storicamente discutibile, ne esce un film lineare pervaso di un’ansia sociale e politica che escludono ogni possibile coinvolgimento emozionale. Il tutto raggiunge il culmine nella scena del ritrovamento di Gesù nel tempio quando, pur di evitare lo scambio di battute tra i più chiarificatori dell’autoconsapevolezza del bambino («Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?»), Chiesa mostra l’incontro optando per una musica altisonante che copre le parole lasciandoci nel dubbio di cosa mai stia uscendo da quelle labbra che si muovono.

Peccato, perché l’apparato visivo del film è tutt’altro che trascurabile e, soprattutto, appare ispirata la scelta non diremo degli attori, ma dei volti che, come quello di Nadia Khlifi, si dimostrano capaci di parlare da soli. Ma, mai come in questo caso, quel che c’è non deve far perdere di vista quello che manca.

IO SONO CON TEdi Guido Chiesa. Con Nadia Khlifi, Ahmed Afiene, Rabeb Srairi, Mohamed Idoudi, Fabrizio Gifuni, Carlo Cecchi. ITALIA 2010; Drammatico; Colore