Il ritratto negato

Chissà se il novantenne Andrzej Wajda, uomo di punta del cinema polacco ed europeo, sapeva nel 2016 che Il ritratto negato sarebbe stato il suo ultimo film. È un fatto, però, che la storia del pittore polacco Wladyslaw Strzeminski sia diventata una sorta di testamento spirituale da parte di un artista che, raccontando spesso il passato, ha sempre guardato verso il futuro cercando caparbiamente di indicare alle nuove generazioni il modo di non sottomettersi ai dettami del potere e, nello specifico in campo artistico, di non sottostare ad alcuna limitazione creativa in nome di un credo politico.

Wajda è morto nel 2016, dopo aver ultimato le riprese di Powidoki (immagini residue). Il che significa che ha lavorato fino all’ultimo senza mai venir meno alle proprie esigenze di divulgazione e di verità, in sostanza al proprio sogno di libertà. Indubbiamente con risultati alterni, ma con un filo conduttore ammirevole, coerente e presente sia nelle sue opere storiche sia in quelle evocative o simboliche. Ed è per questo che, se anche Il ritratto negato sembra legato a una rappresentazione un po’ accademica del socialismo intransigente, il primo pensiero che ci viene in mente è che lui c’era, noi no. E il secondo è che non è difficile fidarsi di un analista storico, poeta a tempo perso, come Wajda che, pur di non venir meno al suo progetto, si è assunto tutti i rischi, soprattutto quello di passare per chi è ancora convinto che i comunisti mangiassero i bambini e che fosse necessario raccontarlo al mondo. Il ritratto negato non è certamente il suo film più bello, ma è un bel modo di andarsene senza cambiare strada.

Nel 1948, in Polonia, Wladyslaw Strzeminski è onorato e rispettato come artista, pittore e professore d’arte. A Lodz è docente all’Accademia delle Belle Arti, dove ha un gran seguito presso i giovani studenti. È separato dalla moglie, la scultrice Katarzyna Kobro, da cui ha una figlia, Nika, e la condivisione della teoria artistica dell’unionismo. Quando il regime comunista comincia ad interferire pesantemente con la sua attività nell’intenzione di azzerare la distanza tra arte e politica, Wladyslaw effettua la propria scelta e perde tutto. Già invalido di guerra (ha perso un braccio e una gamba), viene estromesso dall’Accademia, dall’insegnamento e dalla vita sociale, privato di stipendio e buoni pasto, costretto ad elemosinare qualunque tipo di lavoro per non morire di fame. Minato dalla tubercolosi, morirà nel 1952, praticamente accasciato tra i manichini nella vetrina di un negozio di moda.

Diciamo che, ostinatamente indirizzato verso la rappresentazione dei rapporti tra l’artista e il potere (come in Mephisto di Szabó), Wajda omette alcune spiegazioni che avrebbero potuto essere utili. Ignoriamo, ad esempio, le ragioni della separazione dalla moglie, che rimane sempre una presenza fuori campo lasciando tutto lo spazio al difficile rapporto con la figlia. Chissà se le dinamiche familiari per Wajda potevano rappresentare un elemento di distrazione. È un fatto tuttavia che famiglia per Strzeminski diventano i suoi studenti e che dell’artista abbiamo comunque un’immagine scorbutica, saltuariamente sorridente, spesso melanconica, sempre legata al rapporto primario che è quello della libertà dell’arte e dell’interferenza del potere.

In questo senso Wajda ha adottato uno stile semplice, quasi scolastico, di modo che nulla potesse interferire con la materia primaria, e ha legato le sorti del personaggio Strzeminski molto più all’invalidità fisica che alle problematiche familiari. Per questo diciamo che può darsi che Wajda abbia circoscritto la narrazione a ciò che personalmente lo interessava di più, ma che se anche così fosse avrebbe ottenuto un risultato forte e chiaro da consegnare (soprattutto) alle nuove generazioni. Il protagonista Boguslaw Linda, che ha lavorato anche con Kieslowski e Zulawski, incarna Strzeminski con partecipazione e sensibilità. E Wajda, maestro perduto, merita ben più dell’onore delle armi.

IL RITRATTO NEGATO (Powidoki) di Andrzej Wajda. Con Boguslaw Linda, Bronislawa Zamachowska, Zofia Wichlacz, Krzysztof Pieczynski. POLONIA 2016; Biografico; Colore.