Il miracolo di «Lourdes» arriva al cinema

Per il film Lourdes, della trentottenne regista austriaca Jessica Hausner, la data d’uscita nelle sale italiane è tutt’altro che casuale: giovedì 11 febbraio, festa della Beata Vergine Maria di Lourdes, nonché Giornata del malato. Ma non c’è da illudersi: la pellicola, presentata con successo all’ultima Mostra del cinema a Venezia, non è un affresco agiografico sul più famoso tra i santuari mariani in Europa. Attraverso la narrazione di un evento miracoloso e inspiegabile, Lourdes affronta un tema pienamente umano: la ricerca, da parte di ognuno di noi, di una rivelazione interiore. Lo fa partendo proprio dal santuario, meta ogni giorno di migliaia di visitatori, con il suo coro di desideri e destini differenti.

Il film narra appunto di un pellegrinaggio a Lourdes. Tra i pellegrini ci sono malati e persone sane, che intraprendono questo viaggio nella speranza di trovare un conforto spirituale o perché sono alla ricerca di una guarigione corporale. La protagonista del film è Christine, una giovane donna costretta da una malattia incurabile all’immobilità, che recatasi in pellegrinaggio a Lourdes – più per uscire da un forzato isolamento che per sentimenti devozionali – si ritrova, quasi come in sogno, completamente guarita, in grado di muoversi e camminare. Lo spettatore viaggia insieme a lei, scopre Lourdes attraverso i suoi occhi e si immedesima nel suo desiderio di allacciare legami sociali e affettivi con gli altri, a partire da Maria, una giovane volontaria dell’Ordine di Malta che si prende cura di lei. Christine osserva l’universo di Maria con un pizzico di invidia. Vede Maria come un’eco del suo passato e questo le infonde speranza. Ma Maria preferisce frequentare i suoi coetanei e talvolta tenta di sfuggire allo spettacolo della malattia. Christine si accontenta allora della compagnia della signora Hartl, una sessantenne brusca e solitaria. La signora Hartl non è andata a Lourdes per curare un male fisico ma per tentare di alleviare le sofferenze di una vita interamente trascorsa in solitudine. Prova il bisogno di dare un senso alla sua esistenza vuota, di colmare questo vuoto con una missione. Lo troverà prendendosi cura di Christine, pregando per lei. E la sua preghiera sarà esaudita: durante il soggiorno, la salute di Christine migliora miracolosamente e alla fine la donna guarisce : è di nuovo in grado di camminare. La guarigione suscita ammirazione, ma anche dubbi e gelosie. Il comitato dei medici di Lourdes è chiamato a esprimersi sul miracolo. Il verdetto è incerto, in quanto la malattia di Christine è imprevedibile : le sue condizioni possono migliorare notevolmente ma anche aggravarsi con altrettanta facilità. Christine si aggrappa a questa nuova occasione di felicità, pur temendo che possa rivelarsi effimera. E così sarà: alla fine della festa a conclusione del pellegrinaggio, Christine si ritroverà sulla sua sedia a rotelle. Forse il miracolo non c’è stato, certamente non s’è verificato quello interiore, più volte dichiarato indispensabile, non per la vita fisica, ma per la vita cristiana.

La pellicola, opera di una regista che si dichiara non credente, è comunque interessante e ben girata. Sarà senz’altro oggetto di dibattito. Intanto, a Venezia ha incassato una serie di riconoscimenti tra cui il Premio Signis dell’Organizzazione cattolica internazionale per il cinema, il Premio La Navicella della Fondazione Ente dello Spettacolo e Rivista del Cinematografo e il Premio Fipresci assegnato da una giuria internazionale di critici.