IL MIO AMICO ERIC
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DI FRANCESCO MININNI
Eric Cantona, grintoso e acclamato centravanti del Manchester United, conosceva la passione di Ken Loach per il calcio. Gli è sembrato quindi naturale, avendo avuto l’idea di debuttare come attore e produttore cinematografico, rivolgersi a lui per la regia. E Loach, che ha intravisto nel progetto elementi di suo interesse, ha trovato altrettanto naturale accettare. Il fatto che la sceneggiatura sia opera del fidato Paul Laverty, naturalmente, indica da che parte penda l’ago della bilancia. «Il mio amico Eric» (meglio l’originale, «Alla ricerca di Eric») è proprio un film di Ken Loach, con pugni chiusi, proletari in crisi, vernice rossa e tanta rabbia repressa.
Diciamo che «Il mio amico Eric» non offre materiale di primissima mano: in fin dei conti non ci sono tante differenze tra i motti e i proverbi di Cantona che tendono a risvegliare l’amor proprio di Bishop e le ironiche lezioni di vita impartite da Humphrey Bogart a Woody Allen in «Provaci ancora Sam», soprattutto perché entrambi i personaggi sono visibili soltanto dai protagonisti. Ma il fatto che al timone del battello ci sia Ken Loach rende tutto più interessante e sicuramente non imputabile di ispirazioni dal lavoro altrui. In realtà «Il mio amico Eric» non fa altro che rappresentare il mondo che Loach conosce meglio: il basso proletariato inglese che, sballottato a destra e a manca da eventi interni ed esterni, fa una gran fatica a mettere in campo energie residue per affrontare la vita a viso aperto e a fronte alta. Tanto che, questa volta, l’aiuto per Bishop non viene né da contratti di lavoro né da istituzioni sociali né dall’Esercito della Salvezza: viene da un sogno. Questo è, a tutti gli effetti, Cantona: una proiezione delle frustrazioni, delle tristezze e delle depressioni di Bishop che si materializzano, a mo’ di ultima spiaggia, in un personaggio pubblico dotato di visibilità e carisma e, tanto per capirsi, degli attributi necessari per dare al poveretto una speranza di sopravvivenza. L’idea del tartassato che rialza la testa e prende il toro per le corna, sia pure nascosta nelle pieghe di un sogno, deve essere piaciuta all’autore britannico, che in passato soltanto in «Piovono pietre» si era cimentato con qualcosa di simile alla commedia con finale positivo. E, anche se talvolta il furore ideologico di Loach prende la mano al regista portandolo a confezionare pamphlet invece di film, bisogna dire che in questo caso un bagno di semplicità e sorriso non gli ha fatto che bene: «Il mio amico Eric», se sorvoliamo sull’eccessiva semplificazione nella conclusione della vicenda, regala un quadro sociale preciso e credibile, personaggi ben delineati e vicende che, entro certi limiti, potrebbero accadere realmente. E, strano a dirsi, accanto allo straordinario protagonista Steve Events, persino il ruvido Cantona dimostra un’invidiabile presenza scenica. A essere criticamente ottimisti non c’è niente da perdere.
IL MIO AMICO ERIC (Looking for Eric) di Ken Loach. Con Steve Events, Eric Cantona, Stephanie Bishop, Gerard Kearns, Stefan Gumbs, Max Beesley. GB/F/I/B/E 2009; Commedia; Colore