IL MERCANTE DI PIETRE

DI FRANCESCO MININNIEsprimere opinioni è un diritto di tutti. Di più: diremmo quasi un dovere, per non far sì che ad aver ragione sia sempre il più forte o il più prepotente e perché le coscienze non si addormentino cullate dall’abitudine. Renzo Martinelli, però, da una parte rischia grosso, dall’altra sbaglia toni e modalità. «Il mercante di pietre» si pone come monito all’Occidente («perché le democrazie ci mettono sempre più tempo a capire») a riguardo del pericolo islamico. Tratto da un romanzo di Corrado Calabrò, coautore della sceneggiatura, il film mostra la preoccupante tendenza a fare d’ogni erba un fascio e soprattutto, in tempi di incertezza, ad escludere ogni possibilità di dialogo tra culture ripiegandosi sul fatalismo del «tanto loro fanno così». Che non depone certo a favore di una distensione.

Un professore universitario, Alceo, è rimasto senza gambe in seguito a un attentato islamico all’ambasciata americana di Nairobi. Da allora l’uomo si è posto come obiettivo primario lo studio approfondito dell’Islam. Sua moglie, sotto shock dopo un attentato all’aereoporto, ha bisogno di riposo. E lui la porta in Turchia, ai Camini delle Fate. Qui conoscono Ludovico, mercante di pietre italiano convertitosi all’Islam. E a quanto pare tra lui e la donna nasce qualcosa. Sapremo presto che l’amore non c’entra: Ludovico è collegato ad Al Qaeda ed ha bisogno di un soggetto inconsapevole per realizzare uno spettacolare attentato.

Cominciamo con le domande. Da cosa si può capire l’improvviso amore della signora per il mercante? E, di conseguenza, quali segnali preliminari ci sono stati dati di un raffreddamento dei rapporti tra lei e il marito? Non sono questioni da poco, perché da esse dipende il prosieguo del racconto. Ebbene, Martinelli e Calabrò danno per scontato che ciò debba accadere per il semplice motivo che altrimenti il film non andrebbe avanti. Se ne deduce che il tutto è pretestuoso e che, nella logica narrativa di quello che in sostanza è un thriller, si delineano buchi praticamente impossibili da riempire. Non ci riescono di certo Martinelli e Calabrò, né possono riuscirci attori di provato mestiere come Harvey Keitel e F. Murray Abraham, limitati da personaggi schematici e predefiniti. Per quanto riguarda la questione islamica, invece, va a finire che il monito all’Occidente, cioè l’invito a svegliarsi dal torpore, confluisce in una generalizzata invettiva contro i musulmani che, al momento, è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.

Viene il sospetto che «Il mercante di pietre» punti più a un sensazionalismo da prima pagina che a una meditata riflessione sugli estremi del problema. E lo confermerebbe la dichiarazione di Martinelli sul fatto di girare armato per timori sulla propria incolumità. Secondo noi può continuare a dormire sonni tranquilli. E lo sa anche lui.

IL MERCANTE DI PIETRE di Renzo Martinelli. Con Harvey Keitel, Jordi Mollà, F. Murray Abraham, Jane March. ITALIA 2006; Drammatico; Colore