Il grande e potente Oz

Nessuno, però, aveva mai pensato a raccontare una storia che andasse a cercare le radici del fenomeno, di come cioè si fosse reso necessario che un mago diventasse il reggente di Oz e di come ci fosse arrivato. Se possiamo dare per scontato che la lacuna venga colmata da casa Disney con un coloratissimo prodotto in 3D, non altrettanto il nome di Sam Raimi sarebbe il primo cui penseremmo come esecutore del progetto. «Il grande e potente Oz», a cose fatte, chiarisce invece molti perché: perché Raimi, quali siano state le sue finalità, come si debba leggere effettivamente il testo rappresentato e perché non ci si debba preoccupare troppo di qualche evidente contraddizione o di eventuali scompensi narrativi. Il risultato è tale da giustificare inciampi ed errori. Anzi, alla luce del modesto risultato di «Alice in Wonderland» di Tim Burton, si può dire che per Raimi il fatto di lavorare per le produzioni Disney non abbia assolutamente rappresentato un ingombro.

Si immagina che l’illusionista Oscar Diggs, nome di battaglia Oz, attrazione secondaria di un circo itinerante, venga trasportato da un tornado nel mondo di Oz (proprio come il suo nome di battaglia) dove, stando a un’antica profezia, si attende l’arrivo di un grande mago che caccerà la strega malvagia e diverrà re nonché proprietario di un grande tesoro. La prospettiva dell’oro stuzzica Oscar, che però dovrà veramente vedersela con la strega Evanora e con sua sorella Theodora (che diverrà la strega malvagia dell’Ovest), potendo contare sull’aiuto di onesti lavoratori, di una scimmia volante, di una bambola vivente e del proprio coraggio (elemento tutto da scoprire).

Raccontando la storia ci si rende conto che non poteva essere questa ad interessare realmente Sam Raimi. Lo dimostra il fatto che quando nel film si presentano episodi narrativi inevitabili per far progredire la vicenda (ad esempio lo scontro tra Evanora e la strega buona Glinda), il livello si abbassa quasi automaticamente. Quando invece Raimi può portare avanti il proprio progetto simbolico, le cose cambiano. A dare un’idea abbastanza precisa di quali siano le reali intenzioni dell’autore è proprio l’inizio: l’immagine in bianco e nero e il formato 4/3 durano fino all’arrivo di Oscar su Oz, dove lasciano il posto a brillantissimi colori e al formato cinemascope. L’effetto è sicuro e serve a far capire che Raimi non sta parlando di una favola, di fate, di streghe e di creature mostruose, ma di cinema. Il che è ribadito con forza dalle modalità che Oscar userà per sconfiggere il potere malvagio di Evanora e Theodora: l’illusionismo, una magia fittizia che in gergo cinematografico è meglio conosciuto come effetti speciali. Si può dire che in un certo senso l’operazione di Raimi è equiparabile a quella organizzata da Martin Scorsese in «Hugo Cabret», con la fondamentale differenza delle modalità. Entrambi gli autori hanno reso omaggio al cinema che amano: Scorsese a tutto il cinema nella persona di Méliès, Raimi al cinema degli effetti e della meraviglia (che comunque in Méliès ha le proprie radici). Si capisce, così, che la magia malvagia della strega non è sconfitta da un mago più potente di lei, ma dalla magia buona del cinema. Ciò rappresenta una dichiarazione d’amore appassionata che, a nostro modo di vedere, può bastare a giustificare un film nel momento in cui se ne comprendano finalità e scopi. Ci rendiamo conto di non aver citato né attori né attrici: a quanto pare non erano così fondamentali per la riuscita del film.IL GRANDE E POTENTE OZ (Oz: the Great and Powerful) di Sam Raimi. Con James Franco, Mila Kunis, Michelle Williams, Rachel Weisz. USA 2013; Fantastico; Bianco e nero/Colore