Il giovane favoloso
E si sbaglierebbe ancora di più parlando di film storico. Raccontando di Mazzini o Garibaldi, inevitabilmente, si parlerebbe di risorgimento e di unità d’Italia. Raccontando di Leopardi, invece, è indispensabile astrarre dagli eventi dell’epoca e concentrarsi sui movimenti interiori non necessariamente influenzati da quanto accadde tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento. L’ambizione di Martone è proprio quella di mettere in scena le vicende di un’anima tenendosi a distanza da quelle dell’epoca. Reduce dal buon risultato di «Noi credevamo», il regista napoletano ha ritenuto di proseguire sulla disamina ottocentesca nella convinzione che essa rappresenti un patrimonio culturale di enorme importanza.
Le vicende di Giacomo Leopardi hanno come scenario prima la natia Recanati, poi i soggiorni a Firenze, Roma e Napoli. Fortemente condizionato dalla personalità del padre Monaldo, che lo volle da subito dedito a studi classici con il supporto della ricchissima biblioteca di famiglia, il giovane avverte ben presto la necessità di distaccarsi dall’alveo familiare, che pure mai sconfesserà. Rafforzato nelle sue convinzioni dal letterato Pietro Giordani, riesce con fatica a guadagnare un’indipendenza intellettuale se non economica e, accompagnato dall’amico Antonio Ranieri, soggiorna a Firenze dove entra in familiarità con la benefattrice Fanny Targioni Tozzetti. Poi, dopo la parentesi romana che non gli porta altro che amarezze, approda a Napoli, dove l’esuberanza della popolazione mal si adatta alla sua interiorità. Infine, a Torre del Greco, assiste a un principio di eruzione del Vesuvio e compone «La ginestra», che in un certo senso contiene un presagio della morte imminente.
Martone evita accuratamente ogni espediente narrativo che possa accostare il suo lavoro a una qualunque fiction o a un biopic senza profondità. E bisogna dire che, almeno nella parte di Recanati, l’autore è riuscito a conseguire un risultato di eccellenza sia per quanto riguarda l’analisi delle dinamiche familiari che tanto influirono sulla crescita di Leopardi, sia per quanto riguarda la presentazione del personaggio come perennemente in conflitto con una parte di sé più che con il resto del mondo.
Martone ha saputo anche inserire la genesi di alcuni suoi componimenti (in particolare «L’infinito» e «La ginestra») presentandoli come libero fluire di pensieri piuttosto che parole scritte su un foglio di carta. Poi, però, al momento dei viaggi non è stato in grado di esercitare l’arte della sintesi, procedimento che di per sé gli appartiene poco, ed è caduto nella trappola del pleonasma e della ripetizione. Come se, allontanandosi dal paese natio, risultasse più difficile mantenere quello stile e quella capacità evocativa.