IL GIOIELLINO

DI FRANCESCO MININNI

L’ambizione di Andrea Molaioli, rivelatosi al cinema e al grande pubblico quattro anni fa con «La ragazza del lago», sarebbe quella di analizzare ne «Il gioiellino» alcuni meccanismi del capitalismo sottolineando o svelando regole non scritte che permettono di giocare con le vite degli altri in nome del guadagno e della solidità finanziaria. È indiscutibile che Molaioli, prendendo spunto dal crac Parmalat del 2003, abbia lavorato seriamente documentandosi, studiando una materia sotto certi aspetti sconosciuta, evitando accuratamente di puntare l’indice e di emettere giudizi sommari. Ma c’è un ostacolo che impedisce al suo film di volare veramente alto e riguarda la scelta del materiale umano da mettere al centro dell’azione.

Le vicende dell’azienda Leda, produttrice di latte, yogurt e prodotti da forno, sono strettamente legate al proprietario Amanzio Rastelli e al direttore finanziario Ernesto Botta. Anzi, più al secondo che al primo. Botta è il tipico soggetto che ogni azienda vorrebbe: umanamente scialbo, arido, ma esistente soltanto in funzione del lavoro, capace di trovare soluzioni ai problemi più difficili e dell’idea di alzare bandiera bianca soltanto all’esaurirsi dell’ultima speranza. Botta non ha una vita privata, riafferma il suo essere ragioniere rifiutando l’appellativo di dottore, vive una relazione sentimentale con la nipote di Rastelli, manager rampante, che non implica neanche lontanamente il concetto di amore, non concepisce l’idea di lavorare in squadra con chicchessia preferendo ad ogni altra cosa l’iniziativa individuale. Così, mentre tra i colleghi c’è qualcuno che vacilla, qualcuno che recede e qualcuno che si suicida, lui attende a piè fermo il proprio destino, incurante del fatto che le arrampicate finanziarie della Leda abbiano gettato molte persone sul lastrico e dato un duro colpo alla stabilità dell’economia nazionale.

Da tutto questo emerge la volontà di Molaioli di costruire un racconto simbolico sui meccanismi del potere finanziario, con connessioni politiche e manovre internazionali. Ma, come accadeva ne «La ragazza del lago», tutto è narrato con estrema freddezza, con taglio cronachistico, con grande attenzione a non cadere in alcuna trappola di tipo emotivo o sentimentale. E, come accadeva ne «La ragazza del lago», si finisce per apprezzare il gran lavoro degli attori senza però provare alcun coinvolgimento nei confronti della storia. Oliver Stone, in «Wall Street», aveva costruito un dramma fortemente emozionale che, ferma restando la precisione dei dati tecnici, non escludeva la partecipazione ai meccanismi di un thriller psicologico. Francesco Rosi, che Molaioli afferma di aver tenuto come modello con particolare riferimento a «Il caso Mattei», non veniva mai meno al naturale piglio del narratore popolare. Molaioli, invece, fa il possibile per escludere la passione e, ferme restando la validità del testo e la competenza della documentazione, costruisce una gelida radiografia che non valorizza al massimo i caratteri dei personaggi trasformandoli in freddi simulacri.

Si dirà che «senz’anima» è una definizione azzeccata per Ernesto Botta: possiamo convenirne, ma è anche vero che riesce difficile immaginare una persona così, aliena da sentimenti ed emozioni al punto da impedire qualunque coinvolgimento dello spettatore, costretto a rimanere ai margini e, in un certo senso, a subire una lezione di deserto umano. «Il gioiellino», se si fosse lasciato andare a qualche eccesso emozionale, avrebbe assunto sicuramente un maggior spessore sia umano che simbolico. Così com’è, invece, pecca di un eccesso di cronaca che rende difficile inquadrarlo in una realtà autentica. Va da sé che Toni Servillo è perfettamente in grado di padroneggiare lo squallore di Botta e che Remo Girone incarna Rastelli con credibilità assoluta. Così come la fotografia di Luca Bigazzi, gelida tra ambienti asettici e luci al neon, inquadra con maestria luoghi nei quali l’umanità potrebbe essere niente più che un sostantivo femminile.

IL GIOIELLINO di Andrea Molaioli. Con Toni Servillo, Remo Girone, Sarah Felberbaum, Lino Guanciale, Fausto Maria Sciarappa. ITALIA 2011; Drammatico; Colore