Il film: “The Midnight sky”, l’uomo e la responsabilità delle proprie azioni
ll dott. Augustine Lofthouse, astronomo malato terminale (un George Clooney asciugato di ben 12 chili con barba lunga, capelli cortissimi, andatura claudicante, due occhi incredibilmente neri e malati) che ha deciso di non abbandonare l’Osservatorio Barbeau del Circolo Polare Artico, si ritrova a dover accudire Iris, una bambina sfuggita all’imbarco a cui è stata sottoposta l’intera popolazione, mentre l’astronave Aether e i suoi cinque membri d’equipaggio (tra cui si segnala l’ufficiale incinta Felicity Jones) sono di ritorno da una missione alla scoperta di K-23, il satellite di Giove che sembra essere in grado di poter accogliere la nostra civiltà. Le due storie si incontreranno al termine della narrazione, lasciandoci all’oscuro su cosa realmente sia accaduto al pianeta Terra e con un disvelamento finale (preannunciato da un flash-back) che non aggiungerà niente di particolarmente interessante per lo spettatore.
Un futuro distopico, sottolineato dallo sguardo dei protagonisti, e se Lofthouse, quando fissa il cielo oltre l’orizzonte, sembra non riuscire a intravedere l’esistenza di un nuovo pianeta che possa accoglierci, gli astronauti sono angosciati dall’osservare attraverso gli oblò un pianeta Terra ormai irrimediabilmente avvolto da nubi tossiche. Nonostante tutto, però, l’astronave e l’osservatorio riusciranno a comunicare e questo (forse) li salverà dalla fine. La prima volta di George Clooney con il genere fantascientifico si distingue per la grande cura formale della messa in scena e per la straordinaria qualità delle immagini affidate alla fotografia di Martin Ruhe, realizzate con l’impiego degli effetti speciali della Computer-generated imagery.
Il regista oscilla con accuratezza (a eccezione delle sequenze della traversata dei ghiacciai verso Lake Hazen, dove si riconosce la mano pesante di Mark Lee Smith sceneggiatore di Revenant) tra la narrazione apocalittica e quella filosofeggiante e si rifà, neanche troppo velatamente, alle sue precedenti prove attoriali in Gravity di Alfonso Cuarón (il volteggiare nello spazio degli astronauti, una pausa all’interno di una narrazione angosciante accompagnata dalla musica di Alexandre Desplat) e Solaris di Steven Soderbergh (il silenzio siderale delle prime inquadrature interrotto soltanto dalle stoviglie appoggiate sul tavolo e dalla sedia spostata).
The Midnight Sky si addentra nel confronto tra la vita sulla Terra e gli altri pianeti, nelle differenze tra la generazione dei padri e quella dei figli ma soprattutto nella riflessione profonda sul rapporto tra l’uomo e le conseguenze, spesso mefitiche, delle proprie azioni. E allora, viste le responsabilità che abbiamo sul nostro futuro, è chiaro che ci lancia l’invito a fare in fretta. Di questi tempi, segnati da un virus capace di mettere in ginocchio un intero pianeta, il 2049 del film rischia di essere già dopodomani.