Il film: “The Forgiven”, un tentativo di riscatto nel deserto
Due coniugi altolocati e snob – lui, David, oncologo inglese di fama; lei, Jo, scrittrice per bambini senza più fama – sono invitati a un party esclusivo in una sorta di castello magrebino sperduto nel deserto, di proprietà di una coppia di amici gay spietatamente ricchi e cinici. Tutti i presenti al ricevimento sono presentati come esponenti cafonal di un ceto sociale che si fa vanto del proprio sfacciato benessere esibendo con indifferente noncuranza ogni tipo di vizi alla servitù locale asservita a suon di euro. Il regista, John Michael McDonagh (al suo attivo un non disprezzabile Calvario, di argomento ecclesiale), ispirandosi al romanzo Nella polvere di Lawrence Osborne, calca sulla rappresentazione, ai limiti del grottesco, di quell’ambiente senza morale e senza umanità, su cui si innesta una sorta di tragedia greca dovuta all’incombere del fato che sconvolge i piani degli uomini – o almeno di uno di loro.
David e Jo, infatti, in viaggio con l’auto noleggiata a Tangeri per raggiungere la festa, di notte investono e uccidono un giovane berbero appostato lungo il tragitto per vendere i fossili dei monti dell’Atlante ai facoltosi turisti stranieri. È colpa di David, semi-ubriaco e intento a guidare e litigare con Jo per la direzione da seguire. Una volta giunti, il cadavere viene subito nascosto in un garage dai solerti domestici del castello in attesa dell’arrivo della polizia locale che si dimostra accondiscendente. L’obiettivo è non turbare il resto della compagnia composta da varia umanità, bella e dannata, ad alto tasso alcolico. David si trincera dietro la giustificazione che si è trattato di un incidente, paragonabile a un incerto del suo mestiere di medico; Jo mostra un maggiore turbamento, destinato però a dissolversi nel giro di poche ore grazie alla prospettiva di un’avventura extraconiugale. La venuta del padre del ragazzo per ritirarne il cadavere creerà tensione, soprattutto a seguito della richiesta che David lo segua per assistere alla cerimonia funebre, secondo le regole che lui detterà. E quello sarà un momento di svolta: da allora il morto non sarà solo una salma anonima, ma verrà chiamato col suo nome, Driss.
Nel film sono evocate suggestioni figurative e narrative da Il tè nel deserto di Bertolucci o Professione: reporter di Antonioni e non mancano i richiami alla tradizione letteraria (André Gide) o agli intellettuali occidentali, magari engagés, che non si facevano troppi scrupoli a frequentare quei luoghi per colonialismo sessuale. A un dato punto viene sentenziato che alla gente del deserto non rimangono che i fossili e i figli, cioè un passato da saccheggiare e un futuro che, nel migliore dei casi, prevede l’emigrazione e, nel peggiore, come in questo, l’estinzione.
Il racconto contrappone due mondi, uno asfittico, teso ad auto estinguersi per noia, cinismo e sterilità esistenziale; l’altro, il terzo mondo, pur depositario di valori e tradizione, accecato dal mito del consumismo e dal privilegio sociale che gli europei esibiscono con nonchalance. In mezzo c’è lo spazio per la catarsi di un solo personaggio, il perdonato del titolo, che riesce, se non a redimersi, almeno a espiare le colpe di tutta una vita inautentica.
La regia ha il merito di aver fatto ricorso a una vera ambientazione nel deserto, restituendo paesaggi e volti non di maniera ma credibili, anche se la sceneggiatura mantiene un tono a volte troppo dimostrativo e letterario. Un invito ad approcciare questo apologo con occhi non assuefatti ci viene anche dalla scelta di accompagnare le prime immagini dalle scritte di tutti i crediti che solitamente scorrono nei titoli di coda, risalendo pian piano al cast principale, al regista e al titolo, scritto anche in arabo. Per contro, al termine della storia, leggiamo solo The End, come accadeva un tempo, tradotto anch’esso nella lingua di coloro che ormai non hanno più figli ma solo fossili.
The Forgiven
Regia e sceneggiatura: J.M. McDonagh; dal romanzo Nella polvere di Lawrence Osborne; fotografia (colore): Larry Smith; musica: Lorne Balfe; interpreti: Ralph Fiennes (David), Jessica Chastain (Jo), Matt Smith (Richard), Caleb Landry Jones (Dally), Said Taghmaoui (Anouar), Omar Ghazaoui (Driss); origine: Usa/Uk 2021; formato: 2,35:1; durata: 117 min.