Il film: “The Brutalist”, l’eterno conflitto tra le miserie umane e la grandezza dell’arte

Brady Corbet realizza un’opera caratterizzata anche da un’eccessiva lunghezza e dalla sovrabbondanza di temi, ma sicuramente avvincente ed affascinante

Si è da poco concluso il secondo conflitto mondiale e il giovane talentuoso architetto ungherese László Tóth (Adrien Brody) è giunto negli Stati Uniti. Tóth si è formato alla scuola del Bauhaus ma, essendo ebreo, è stato internato nei campi di concentramento e costretto ad interrompere la sua attività. Con l’arrivo a Philadelphia inizia una nuova fase della sua vita, piena di speranza e di intraprendenza, seppur terribilmente segnata dalla lontananza degli affetti più cari, la moglie Erzsébet (Felicity Jones) e la nipote Zsófia (Raffey Cassidy), e dall’abuso di droghe e alcol. L’imminente incontro-scontro con il miliardario Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce) sarà determinante per decretare la sua definitiva caduta agli inferi ma anche la consacrazione ad artista acclamato.

László Tóth è il protagonista di The Brutalist il monumentale film (214 minuti) di Brady Corbet, in cui il titolo fa riferimento alla corrente architettonica a cui appartiene László, il brutalismo appunto, un movimento che prevede un impiego massiccio del cemento a vista (in francese béton brut) e le cui forme plastiche evidenziano con forza espressiva l’imponenza della struttura (un mirabile esempio di brutalismo è la chiesa di San Giovanni Battista di Giovanni Michelucci, meglio conosciuta come la chiesa dell’Autostrada del Sole, all’incrocio fra l’A1 e la Firenze-Mare). Nei mesi che si sono succeduti tra la presentazione al festival di Venezia (Leone d’argento – Premio speciale per la regia) e l’uscita nelle sale italiane, The Brutalist si è guadagnato l’onore delle cronache anche per la sua durata esorbitante, per l’incetta di nomination ricevute in vista dei prossimi premi Oscar e per essere un progetto sviluppatosi nel corso di ben sei anni.

Come se non bastasse, non sono mancate perplessità derivanti da un presunto uso spregiudicato dell’intelligenza artificiale generativa che avrebbe aiutato il regista nel dare qualche ritocchino ai dialoghi in ungherese di Brody e Jones, così come nel realizzare gli edifici mostrati nella sequenza. L’eccessiva lunghezza lascia sicuramente perplessi, non tanto per un preconcetto sul minutaggio standard di uno spettacolo cinematografico ma quanto per una reale sovrabbondanza di spunti tematici presenti nel film che, soprattutto nell’ultima parte, contribuiscono ad affaticare la visione e talvolta a far perdere il filo del discorso. Nonostante ciò, The Brutalist è un’opera avvincente ed affascinante di cui si apprezzano l’accurata ricostruzione storica delle vicende artistico-architettoniche del secolo scorso e il virtuosismo delle riprese, anche se talvolta tendenti all’autocompiacimento. Una pellicola in cui il regista ha saputo cogliere le enormi potenzialità della macchina da presa, fin dal piano-sequenza iniziale che ci mostra László nella stiva della nave che lo sta portando negli Stati Uniti, quel ventre della balena così claustrofobico e terribile da rievocare la segregazione del lager.

Corbet non lascia comunque niente al caso e cura ogni minimo dettaglio, compresa la suddivisione del film in capitoli, realizzare originali titoli di testa e di coda, inserire un intervallo di 15 minuti con tanto di fermo immagine funzionale alla sceneggiatura. E se la fisicità di Adrien Brody colpisce per potenza espressiva, in una storia tutta americana assumono un ruolo da protagoniste le sequenze girate a Venezia e soprattutto quelle realizzate nelle cave di Carrara, dove Harrison e László potranno accarezzare l’essenza dell’arte e della vita che si sprigiona dal marmo più bello del mondo.

THE BRUTALIST di Brady Corbet. Con Adrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn, Raffey Cassidy, Stacy Martin, Emma Laird

Produzione: Brookstreet Pictures, Kaplan Morrison; Distribuzione: Universal Pictures International Italy; USA, 2024

Drammatico; Colore

Durata: 3h 34min