Il film: “Quel giorno tu sarai”, tre generazioni a confronto per non dimenticare
Tre uomini (che scopriremo essere soldati polacchi) entrano in uno scantinano maleodorante e scarsamente illuminato. Sono armati di bottiglie d’acqua e scopettoni pronti a grattare dal pavimento e dai muri i segni degli stermini di massa, quanto di più lercio l’uomo ci abbia lasciato in eredità. Siamo in una delle baracche dell’appena liberato campo di concentramento di Aushwitz, le griglie degli scarichi e le fessure delle pareti ci restituiscono l’orrore di manciate di capelli attorcigliati, mentre un pianto sempre più assordante invade l’aria. È una piccola creatura, Eva, sopravvissuta al massacro e portata alla luce per poter finalmente aprire gli occhi sul mondo.
Con questa sequenza mozzafiato si apre Quel giorno tu sarai di Kornèl Mundruczò. Coadiuvato dalla compagna Kata Wéber (come nel recente Pieces of a Woman), che ha scritto la sceneggiatura frugando nella storia della propria famiglia, il regista ungherese ha realizzato una pellicola della memoria in tre atti. Affidandola ad altrettanti piani sequenza, a partire dal primo, diciannove minuti dominati dalla sospensione della parola, dove viene messo in scena l’eterno scontro tra la vita e la morte, tra un passato orribile e un futuro incerto. Per proseguire con il secondo episodio dove Eva, ormai anziana (l’attrice ungherese Lili Monori), vive un rapporto conflittuale con la figlia Léna (Annamária Láng). Entrambe sentono il peso del loro passato, ma se l’anziano genitore vorrebbe cancellarne il ricordo, la figlia reclama la sua libertà di poter dichiarare la propria appartenenza («non voglio essere una sopravvissuta: voglio vivere»). Il terzo è l’episodio più sconcertante dove l’incontro-scontro tra generazioni si trasferisce sulla coppia mamma-Léna e figlio-Jónás (Goya Rego). Quest’ultimo, per il quale gli stermini e il clima postbellico sono soltanto racconti dei libri storia, vive a Berlino nella contemporanea società multietnica dove la presenza di tante confessioni religiose rende la città apparentemente liberata da antichi rancori razziali. In realtà, a distanza di tanti anni, niente sembra cambiato perché il ragazzo è vittima di atti persecutori da parte di compagni che niente sanno dell’antisemitismo, ma se ne fanno forza per martorizzare un coetaneo.
Quel giorno tu sarai diventa così un cammino (l’Evolution del titolo originale) nel cuore di tenebra della nostra storia che prendendo le mosse dalla Shoah si addentra in una profonda riflessione sulla nostra identità contemporanea. Perché il filo conduttore che lega i tre episodi apre uno sguardo inquietante su come a distanza di tanti anni (e chissà per quanto tempo ancora) gli effetti di quanto accaduto nella prima metà del secolo scorso siano ancora ben presenti. Dal punto di vista autoriale, la scelta dei tre piani sequenza (e del formato 4:3) non è un esercizio di stile fine a se stesso, perché Mundruczò sa come rendere la macchina da presa vorticosa e acrobatica, curiosa e indagatrice. La conseguenza è che gli risulta impossibile staccarsi dall’inquadratura, dovendo documentare ininterrottamente l’alternarsi di vuoti e pieni narrativi, di immagini dove sembra che non accada niente ad altre dove si fa fatica a inseguire i repentini spostamenti dei protagonisti. Fino alla sequenza conclusiva dove un bacio appassionato tra due adolescenti, differenti per religione e estrazione sociale, rimette in moto la nostra inguaribile speranza di essere attesi da un mondo capace di accettare, senza odio e pregiudizi, nuove identità condivise.
QUEL GIORNO TU SARAI [Evolution] di Kornèl Mundruczò. Con Lili Monori, Annamária Láng, Goya Rego, Padmé Hamdemir
Produzione: Match Factory Productions, Proton Cinema; Distribuzione: Teodora Film; Germania, Ungheria, 2021
Drammatico; Colore
Durata 1h 37min