Il film: “Pieces of a Woman”, un dolore straziante che trasforma sempre
La sequenza lascia attoniti, disturbati ma, nella parte finale, sa rispettare il pensiero di Bazin che riteneva la morte un momento intimo che non doveva essere mai mostrato al cinema. Kornél Mondruczó, regista ungherese premiato a Cannes nel 2014 per «White God – Sinfonia per Hagen» nella sezione Un Certain Regard, con Pieces of a Woman si cimenta con il primo lungometraggio in lingua inglese. Una storia ambientata a Boston (grigia, gelida e innevata) in un prologo, sei quadri e un epilogo, girata a Montreal (Martin Scorsese collabora alla produzione visibile su Netflix) che narra la vicenda di una giovane coppia, Martha di famiglia ebraica agiata (Vanessa Kirby, premiata con la Coppa Volpi a Venezia 2020) e Sean (Shia LaBeouf) capo cantiere del ponte in costruzione sul fiume che bagna la città, i cui destini cambiano a seguito di un parto in casa (il piano sequenza iniziale, appunto) dall’esito tragico.
Da quel momento, Martha condurrà un’esistenza in caduta libera nel dolore, con la sua avvenenza ed eleganza segnate dall’aggrapparsi a tutta una serie di eventi e atteggiamenti che possano ricondurre ad una presenza viva della bambina; Sean si comporterà in maniera esattamente contraria, mostrando tutta la sua debolezza e distruggendo (come il Tacoma) il ponte dei rapporti della propria esistenza, a partire dalla madre di Martha, Elisabeth (un’intesta Ellen Burstyn).
Sean non potrà che allontanarsi, anche perché non comprendendo più lo stato d’animo di Martha, cesserà di rispettare la sua persona. E se mostrare i loro corpi durante il parto ci aveva restituito il sapore di un’intimità piacevolmente pudica, osservarli nel corso del tentativo di lui di avere un rapporto con la compagna ancora ferita risulterà osceno e disturbante; ritenere un piccolo dettaglio il nome sbagliato da incidere sulla lapide, scolpirà irrimediabilmente il loro destino. La realizzazione del film si è avvalsa della partecipazione della sceneggiatrice Kata Wéber, tanto da essere accreditata come autrice del film al pari del regista, dove il ruolo catartico dell’arte appare prepotente essendosi gli autori (compagni nella vita) ispirati a un’analoga vicenda di cui sono stati realmente protagonisti.
Pieces of a Woman è un film su Martha fatta a pezzi dal sopportare e dare un significato al dolore fisico e a quello morale, dal gestire lo smarrimento e il senso di annientamento, dalla genitorialità senza figli, dall’affrontare l’assenza della figlia e la presenza opprimente dei familiari, dal perdonare le colpe degli altri, dal resistere alle attenzioni di altri uomini che la trascinerebbero in un baratro senza ritorno. Per restituirci gli intensi e differenti stati d’animo che attraversano Martha e Sean, la macchina da presa di Mondruczó fluttua nella loro anima, li spia dietro le spalle, li scruta attentamente nei volti impietriti, li osserva da lontano nel silenzio accompagnato dalla musica di Howard Shore mentre cercano di anestetizzare il proprio dolore. Martha comunque saprà reagire, in attesa che i semi conservati con cura maniacale possano far germogliare una nuova vita.