Il film: “Mickey 17”, profezie di un futuro fin troppo presente

Dopo l'esordio al Festival di Berlino arriva in sala il nuovo film di Bong Joon-ho a sei anni di distanza dal pluripremiato «Parasite»

Se si dovesse trovare un trait d’union nell’intera filmografia del sudcoreano Bong Joon-ho, sarebbe sicuramente la critica al capitalismo: una satira feroce, che dagli esordi di «Can che abbaia non morde» fino al pluripremiato «Parasite» accomuna tutti i lavori del regista. Non fa eccezione «Mickey 17», nuovo film realizzato da Bong a sei anni di distanza da «Parasite», arrivato al cinema dopo il passaggio al Festival di Berlino.

In un mondo futuribile, la Terra affronta una crisi climatica perenne, e molti scelgono di emigrare su altri pianeti. Tra questi c’è Mickey Barnes, in fuga dai creditori, che per accodarsi alla spedizione dell’eccentrico politico Kenneth Marshall accetta di proporsi come “sacrificabile”. A lui verranno affidati i compiti più pericolosi, e ogni volta che morirà il suo corpo verrà ristampato e un backup di personalità e memoria gli verrà scaricato nel cervello per poter riprendere il lavoro. Ancora e ancora e ancora.

Nei piani iniziali di Bong, «Mickey 17» avrebbe dovuto arrivare in sala nel 2022, data di inizio produzione. Se la scadenza fosse stata rispettata, il film sarebbe stato quasi profetico, specie nel personaggio di Kenneth Marshall di Mark Ruffalo, che unisce in sé la megalomania spaziale di Elon Musk e la politica machista e muscolare del secondo Donald Trump, con tanto di seguaci con cappellino da baseball rosso al seguito.

Se non ci fossero stati scioperi e il film fosse uscito invece l’anno scorso, prima delle elezioni americane, sarebbe risultato forse fin troppo didascalico, una satira caricaturaleche sarebbe stata interpretata come un attacco diretto a uno dei candidati.

All’alba del 2025, invece, «Mickey 17» è un film che nasce postumo: quello che viene presentato come possibile domani è già ieri, una profezia letta solo quando già si è avverata. Le spedizioni spaziali come colpo di coda del colonialismo, una forza lavoro ridotta a semplice numero e per questo infinitamente rimpiazzabile e riproducibile, l’astronave come il treno di «Snowpiercer» microcosmo sociopolitico immagine di un paese sull’orlo perenne dell’implosione, l’ottusa (auto)distruttività di politiche belligeranti e di diplomazie dal grilletto facile, tutto arriva a giochi fatti, acquistando però un’efficacia se possibile moltiplicata. Con la storia che batte l’arte sul tempo, l’acutezza della visione di Bong si fa più evidente, oltre che più sconcertante nelle sue implicazioni.

Fortunatamente il film sceglie di percorrere la via del black humor, trattando con leggerezza e senso del ridicolo anche gli elementi più disturbanti e angoscianti, lasciando che la farsa smorzi l’impatto emotivo così da permettere al pubblico di seguire il ragionamento.

Questo non rischia mai, peraltro, di soffocare il puro spettacolo, con una regia sempre attenta a mantenere dinamismo e ritmo, e un Robert Pattinson in forma smagliante, che mette alla prova le proprie doti attoriali interpretando varie versioni dello stesso personaggio, modificando ogni volta timbro vocale, accento, microespressioni facciali, in modo talmente preciso da non lasciare mai dubbi al pubblico su “quale Mickey” sia in scena.

Presentando contenuti inquietanti con toni leggeri e scanzonati, Bong Joon-ho firma una divertente avventura sci-fi che esplora una volta di più le possibili evoluzioni di una società intrinsecamente ingiusta e modellata per l’ineguaglianza. Il fatto che il possibile si faccia ogni giorno più probabile quando non attuale aggiunge solo valore a uno sguardo acuto e a una voce critica che da venticinque anni a questa parte continua a ripetere il proprio messaggio.

MICKEY 17 di Bong Joon-ho. Con Robert Pattinson, Naomi Ackie, Mark Ruffalo, Anamaria Vartolomei. USA, Corea del Sud, 2025. Fantascienza.