Il film: “Lei mi parla ancora”. Un viaggio al termine della vita verso l’immortalità
Poco importa, poi, se la lettera, condivisa tanti anni fa il giorno delle nozze, sia scomparsa. Quando Rina lascia questa terra, Nino continua a sentirla ancora, nella presenza forte della vita di coppia vissuta, nell’assenza fisica dei gesti quotidiani (si cita Pavese, “L’uomo mortale, non ha che questo di immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia”). Questo il messaggio profondo di Lei mi parla ancora, diretto da Pupi Avati (classe 1938) e disponibile su Sky Cinema.
È un film tratto dal romanzo Lei mi parla ancora – Memorie edite e inedite di un farmacista pubblicato nel 2016 dal 95enne Giuseppe Sgarbi (padre di Elisabetta e Vittorio). Si narrano, lungo l’arco di oltre 65 anni, le vicende di Caterina “Nina” Cavallini e Giuseppe “Nino” Sgarbi, attraverso il registro del flash-back e della voce fuoricampo. Accompagnando lo spettatore in un gioco di incroci temporali, il regista non si limita però ad una sterile linearità affidata al mostrare, in sequenze alternate, i protagonisti al giorno d’oggi e nelle varie epoche: li fa dialogare in ordine sparso, giovani e anziani in un eterno campo e controcampo di epoche lontane. L’interpretazione dei due coniugi è affidata a Isabella Ragonese/Stefania Sandrelli e a Lino Musella/Renato Pozzetto (camei per Serena Grandi, Alessandro Haber e Gioele Dix), ed in questo intreccio narrativo, sono proprio Renato Pozzetto (sguardo dolce, smarrito, che cinquant’anni dopo Cochi e Renato è diventato veramente fotogenico) e Isabella Ragonese (bellezza pura, tipica dei volti delle grandi attrici) a prendersi la scena in un passaggio di testimone narrativo e spirituale.
Lo stile registico è asciutto, essenziale, pervaso di saggezza senile. Avati nasconde abilmente la macchina da presa, che si fa piccola quando inquadra i protagonisti o entra con pudore nella casa-museo di Ro Ferrarese, e non ricorre ad alcun artificio cinematografico per restituirci le nebbie che avvolgono la Bassa Padana o la neve che scende copiosa. Ed anche il commento musicale è scarno, spesso assente, a sottolineare atmosfere sospese tra realismo e fantastico. Unica concessione, le mani dei giovani futuri sposi che, con un’ellisse temporale di 65 anni, si trasformano in quelle che oggi mostrano indelebili i segni del tempo ma anche dell’amore.
Lei mi parla ancora è anche la storia del suo ghost writer, Amicangelo (Fabrizio Gifuni), un uomo distante e diverso dal protagonista ma che, dopo l’inevitabile scontro iniziale, diventa il narratore ideale del racconto di Rina e Nino. Amicangelo, che la figlia Elisabetta (affidata al volto scavato di Chiara Caselli) aveva cercato con insistenza perché potesse lenire con la scrittura la solitudine del padre e l’assenza di senso della propria vita, porta sulle proprie spalle il fardello di un matrimonio fallito ma sarà proprio l’amore di Nino, che in un primo momento lo accoglierà con maniere ostili, a dargli la forza per rimettersi in discussione. E mentre tutti i personaggi giocano la loro partita a scacchi con la morte (i giovani coniugi assistono alla proiezione de Il settimo sigillo, il fantasma del fratello di Rina appare più volte in sogno a Nino), accompagnati dalle parole di Cesare Pavese, tra sogno e realtà, tra spazio temporale e intimità familiare, ci rimane addosso il sapore dolcissimo di un amore eterno e immortale.
LEI MI PARLA ANCORA di Pupi Avati. Con Renato Pozzetto, Isabella Ragonese, Fabrizio Gifuni, Stefania Sandrelli, Lino Musella, Chiara Caselli, Serena Grandi, Alessandro Haber, Gioele Dix.
Produzione: Sky Cinema; Italia 2021;
Drammatico-Biografico; Colore
Durata 1h 30min