Il film: “Il Gattopardo” ruggisce di nuovo

Tornano nelle sale cinque classici per celebrare i 120 anni della Titanus, la più prestigiosa casa di produzione italiana

Una bella iniziativa quella di riproporre in sala cinque classici restaurati per celebrare i 120 anni della Titanus, la più prestigiosa casa di produzione italiana. Si comincia con Il Gattopardo di Luchino Visconti, il film che fu forse la causa principale del fallimento del produttore Goffredo Lombardo: in patria fu un successo, ma all’estero non fu amato allo stesso modo, soprattutto negli Stati Uniti dove uscì in versione manomessa.

In precedenza c’era stato il bellissimo libro postumo di Tomasi di Lampedusa su cui gravarono sospetti di simpatie reazionarie da parte del PCI, salvo doversi poi ricredere quando da Mosca arrivò il diktat di György Lukács, teorico della letteratura marxista, che ne riconosceva il pieno valore di romanzo storico. L’interesse che Visconti, organico al partito, dimostrò per quella storia contribuì al definitivo sdoganamento da parte degli intellettuali di sinistra che, fedeli alla linea, fino ad allora avevano storto il naso.

Oggi simili questioni ci appaiono sorpassate e ciò che resta è un’esperienza sensoriale unica, da godere esclusivamente sul grande schermo, lasciandosi avvolgere dalla capacità del regista di ricreare un’epoca passata con gli ambienti, i costumi, i modi di fare, i dettagli più minuti da lui curati a livello maniacale. Permangono intatti i colori che ricreano i capolavori dell’arte pittorica di fine Ottocento, le musiche degne di un melodramma lirico, la presenza fisica di interpreti internazionali di raro fascino, il racconto di un passaggio epocale che ha visto la nascita dello Stato italiano, ma anche il tradimento degli ideali del Risorgimento e l’avanzare di una classe sociale corrotta e spregiudicata.

Più che la critica alla nobiltà a cui appartiene il protagonista, il borbonico principe di Salina, prevale la nostalgia per un’aristocrazia d’animo a cui Visconti, per motivi familiari, si sentiva indissolubilmente legato. Teoricamente, per il regista la decadenza di quel ceto (già raccontata in Senso, in Il lavoro e che tornerà in film successivi come La caduta degli dei, Morte a Venezia, Ludwig) è il giusto prezzo da pagare rispetto alle «magnifiche sorti e progressive»; ma affettivamente segna la perdita di un mondo in cui l’eleganza e la raffinatezza si ereditavano con la nascita.

Se pensiamo alla scena del Te Deum in cui la macchina da presa fa una carrellata sulla famiglia Salina impolverata dopo il viaggio a Donnafugata, possiamo scorgervi una condanna senza appello di quella casta ormai congelata nei propri privilegi: sono statue, fantasmi, lacerti di un passato che, per non soccombere, deve necessariamente compromettersi con la borghesia tanto disprezzata quanto ricca. Ecco allora che lo scaltro Tancredi, nipote squattrinato del Principe, appoggiando “i Piemontesi” e sposando la bella Angelica riesce a fare in modo di sopravvivere: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi» è la sua sentenza divenuta sinonimo del trasformismo italico.

Nell’ultima parte del film, prima della celeberrima sequenza del ballo, sentiamo già le note del valzer di Verdi mentre vediamo dei contadini che sudano nei campi; sono solo pochi secondi, poi, per stacco e contrasto, passiamo alle danze, ai banchetti, agli abiti sontuosi per ben venti minuti. L’idea doveva essere la denuncia delle diseguaglianze; il risultato, di fatto, è un enorme rimpianto per una distinzione che è stata e non ritornerà più. In definitiva Il Gattopardo è un capolavoro animato da due spinte contrastanti, una ideologica e una sentimentale; ma la seconda prevale nettamente sulla prima.

IL GATTOPARDO

Regia: Luchino Visconti; soggetto: dal romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa; sceneggiatura: L. Visconti, Suso Cecchi d’Amico, Pasquale Festa Campanile, Enrico Medioli, Massimo Franciosa; fotografia (colore): Giuseppe Rotunno; musiche: Nino Rota; costumi: Piero Tosi; scenografia: Mario Garbuglia; interpreti: Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Romolo Valli, Ivo Garrani, Serge Reggiani; produzione: Goffredo Lombardo per Titanus; origine: Italia-Francia 1963; formato: 2,35:1; durata: 187 min.