Il film: “I delinquenti”, sempre meglio che lavorare
Dopo la candidatura al premio Un Certain Regard al Festival di Cannes, arriva finalmente in sala l'opera settima di Rodrigo Moreno, uno dei nomi più interessanti del cinema argentino contemporaneo
In filosofia, il tempo ha più nature: le due principali sono il chrònos, il tempo della tecnica, quello misurabile e sempre uguale a se stesso, e il kairòs, il tempo dell’anima, quello che compone la memoria, divisibile non in ore, minuti, secondi, ma in esperienze, incontri, relazioni.
In qualche modo “ammalato di chrònos“, il protagonista di «I delinquenti» Morán prova a recuperare invece il tempo per vivere, e lo fa in modo decisamente bizzarro. Impiegato bancario, calcola quanto prenderà di stipendio da lì alla pensione, e ruba esattamente quella somma, moltiplicata per due dato che coinvolgerà un collega del tutto ignaro. Quest’ultimo dovrà tenere il malloppo per tre anni e mezzo, quando cioè Morán, costituitosi, uscirà di prigione. Il conto è semplice: meglio tre anni in galera e poi una vita da uomo libero, piuttosto che venticinque anni in banca per poi appassire in una vecchiaia incapace anche di godersi la pensione.
La provocazione di Rodrigo Moreno coglie nel segno, e si riferisce direttamente a un mal du siecle concreto: se nella vita della montagna argentina, pur idealizzata, si lavora quando c’è da fare e si spende il tempo libero come si preferisce, nella frenetica Buenos Aires i ritmi sono dis-umani, dettati dalle necessità di un sistema per cui la produttività è il nuovo moloch, e che cristallizza orari, mansioni e calendario indipendentemente dall’effettivo senso o bisogno.
Cinque dei personaggi principali portano un nome che è in realtà la stessa parola anagrammata: Morán, Román, Morna, Norma e Ramón (e quest’ultimo legge i fumetti dell’eroe della Marvel Namor, altro anagramma), tutti abbastanza simili al nome Moreno da far pensare che sia il regista stesso che si è scomposto in un ventaglio di personaggi per incarnare diverse sensibilità. Il gioco di specchi continua con Germán de Silva, che significativamente interpreta sia il direttore della banca che il boss malavitoso in carcere, parallelo più che mai evidente.
Il tocco di genio di Moreno, però, sta nel far evolvere il film coerentemente alla filosofia di base, slegandosi a un certo punto da qualsiasi costrizione, prima di tutto le regole di mercato: una commedia argentina che supera le tre ore non è certo un sicuro successo al botteghino.
Allo stesso modo, di digressione in digressione, seguendo sottotrame minori fin dove lo possono portare, il film alla fine si perde, spazia, perde di vista il nodo centrale ed evolve secondo sentieri probabilmente imprevisti dallo stesso Moreno. Solo a questo punto, il film stesso si trova libero come il proprio protagonista vuole essere, libero di raccontare quello che vuole senza farsi legare dai canoni dell’evoluzione della trama, libero anche di contravvenire ad alcune norme squisitamente tecniche (cambio dell’aspect ratio, uso dello split screen…).
«I delinquenti» parla dell’oggi, di un male di vivere che porta a scelte radicali e a mettere in discussione un sistema presentato come senza alternativa, ma lo fa con toni da commedia a tratti surreale, un gioco metanarrativo in cui è coinvolto il pubblico stesso e che invita a ridefinire i limiti, da una parte e dall’altra dello schermo.
Uno dei personaggi, Ramón, è un regista che ha impiegato gli ultimi due anni a girare un documentario sui giardini, “perdendo tempo” su ogni singolo fiore o filo d’erba inquadrato e ignorando qualsivoglia scadenza o ritmo di produzione. Questo è il cinema di Rodrigo Moreno: libero, e in qualche misura liberante.
I DELINQUENTI di Rodrigo Moreno. Con Daniel Elías, Esteban Bigliardi, Margarita Molfino, Gabriela Saidón. Argentina, Brasile, Cile, Lussemburgo, 2023. Commedia.