Il film: “Horizon”, l’eterna impossibilità di distinguere tra bene e male
Il primo capitolo di "Horizon: An American Saga" è l’ennesimo omaggio di Kevin Kostner al genere western e ai nativi d’America
Era dai tempi di Balla coi lupi che Kevin Kostner non si cimentava con tanta forza nell’epica del western. Un genere, quello dell’eterno scontro tra indiani e cowboy, che negli anni Sessanta e Settanta ci aveva mostrato un’immagine distorta su “come andarono realmente le cose” (alzi la mano chi, adolescente, non ha desiderato appuntarsi al petto almeno una volta la stella dello sceriffo), così come oggi è una cinematografia quasi sconosciuta agli adolescenti e ai loro genitori. E se nella sua lunga carriera di attore e regista ha interpretato, con alterne fortune, un’infinità di ruoli, quando indossa un cappello, si stringe il cinturone di un Colt ai fianchi e sale in sella al suo cavallo, Kostner (settant’anni il prossimo gennaio) riesce sempre a dare il meglio di sé. Tra l’altro, recentemente anche il piccolo schermo lo ha visto alle prese con il ruolo di John Dutton nella serie Yellowstone che gli è valsa riconoscimenti della critica e del pubblico.
Ora è la volta di Horizon: An American Saga (parte 1), un progetto monumentale che il regista aveva in testa già negli anni Ottanta (la seconda parte, girata lo scorso anno, uscirà nelle sale cinematografiche italiane ad agosto). L’ampio respiro della narrazione del film, di cui Kostner oltre che regista è anche sceneggiatore con John Baird, si ramifica in più direzioni, in una serie di “film nel film” dove, posti in presenza di una serie di conflitti tra popolazioni e tra individui, siamo portati a riflettere sulla perpetua impossibilità di riuscire a categorizzare il bene e il male, a distinguere i buoni dai cattivi. La prima vicenda, ambientata nella San Pedro Valley (e quindi al confine tra Stati Uniti e Messico), narra le dis-avventure di un gruppo di coloni che, spinti da vantaggiose concessioni terriere (siamo intorno al 1863, in prossimità dell’emanazione dell’Homestead Act che favorirà l’assegnazione di lotti ai piccoli proprietari), crea una comunità agricola in un’area che gli Apache ritengono, giustamente, loro esclusivo distretto di caccia.
La seconda vicenda, che si svolge inizialmente nel Montana, segue il mercante di bestiame Hayes Ellison (interpretato da Kostner) e le peripezie a cui va incontro per proteggere Marigold – e il bambino che la giovane custodisce – dalle grinfie della spietata famiglia Sykes. La terza ha per protagonista una carovana diretta da Santa Fe alla comunità colonica (ribattezzata Horizon) della San Pedro Valley, guidata dall’abile ma non troppo deciso Matthew Van Weyden. All’interno di un primo capitolo della durata di oltre tre ore, a sua volta primo episodio di una saga che si preannuncia ricchissima di sequenze, merita una menzione il lungo assedio notturno che gli Apache portano all’abitazione della famiglia dei Kittredge. Un interminabile attacco dove le inquadrature ci restituiscono sia una visione d’insieme dell’interno della casa che sta per essere distrutta, sia un’incredibile prossimità psicologica con l’angoscia vissuta dai protagonisti che sentono l’imminenza della fine.
Senza mai mostrarci, al contempo, un nemico invisibile e potente, ma lasciandoci percepire soltanto il suo respiro, le sue urla, il sibilo delle sue frecce, la sua feroce sete di vendetta. Horizon: An American Saga ci mostra in nuce l’America che di lì a poco verrà, con Ellison antesignano rappresentante di un’economia di mercato destinata a soppiantare l’economia incentrata sulle risorse e i beni naturali; con la carovana guidata da Van Weyden metafora di una futura imperante mobilità sociale.
HORIZON: AN AMERICAN SAGA (Capitolo 1) di Kevin Kostner. Con Kevin Kostner, Sienna Miller, Sam Worthington, Giovanni Ribisi, Jena Malone, Abbey Lee
Produzione: New Line Cinema, Territory Pictures Entertainment; Distribuzione: Warner Bros.; Stati Uniti d’America, 2024
Western, Drammatico; Colore
Durata: 3h 1min